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Un'altra caccia
14-08-2018, 09:02 PM
Messaggio: #1
Un'altra caccia
In pratica potrei scrivere delle quest alternative per Juliet ogni tanto, questa è una.




Un altro giorno, un’altra caccia.
C’era una città a Sud che sembrava esser stata presa d’assalto dagli Yoma… Per la precisione, pareva che fosse controllata da quei mostri. Sei mesi prima vi si era insediato un nuovo sindaco, una persona rispettata, assieme a tutti i suoi consiglieri; ma da poco tempo prima di quell’avvenimento le persone avevano iniziato a sparire – e in alcuni casi, a ricomparire sotto forma di cadaveri a brandelli. Morte, morte e ancora morte.
Gli uomini in nero le avevano detto che sarebbe stata in compagnia di un’altra guerriera più in alto. A Juliet andava bene, anche se non riusciva a non avere un brutto presentimento riguardo l’intera faccenda: era soltanto una numero 36, incaricata di stanare “la città degli Yoma” con la sola compagnia di una “guerriera più in alto”?
“Spero sia parecchio in alto, per il suo bene” pensò sarcasticamente la guerriera, mentre si recava al luogo dell’incontro. L’ultima missione l’aveva lasciata abbastanza scossa e non le era mai capitato di dover affrontare più Yoma contemporaneamente fino a questo momento… Ma ehi, ora che ci pensava era anche la sua prima missione in compagnia di un’altra guerriera. Sarebbe stata fatta a pezzi ma almeno avrebbe avuto un’amica prima di morire! E poi magari sarebbero morte entrambe perché lei non era in grado di proteggere nessuno.
Era ancora scossa. Era delusa da se stessa, e le era sembrato come se il massacro dei suoi genitori si fosse ripetuto. Si sentiva debole e inutile dopo l’accaduto dell’ultima missione, e non riusciva ancora a scrollarsi quel sentimento di dosso.
Ok, il posto era quello. Era da un po’ che aveva iniziato a percepire uno Yoki che doveva essere quello della sua compagna; sembrava abbastanza potente. Meglio così.
“Recati di fronte al grande albero a 10 km da Silan”, le avevano detto: e di fronte a lei c’era un grande albero. Hmm… forse per i loro standard di uomini in nero che conoscono solo le terre aride dell’Est e le sue palle di fieno che rotolano. Juliet veniva dall’Ovest e ne aveva visti di più grandi. Ma ok, al momento non era quello ciò che importava.
Ed ecco la sua compagna, seduta su un ceppo nei pressi del grande albero. Era piuttosto piccola ma molto carina, i capelli biondo platino le ricadevano ad onde fino alla vita. Sembrava più giovane di lei, ma qualcosa in quell’espressione seria tradiva maturità.
“Sei in ritardo”
Cominciamo bene. “Sono partita non appena ho ricevuto l’incarico”, rispose Juliet con lo stesso tono piatto dell’interlocutrice.
La ragazza la guardò, gli occhi ridotti a fessure come se la stesse analizzando. “Non ti ho mai vista… Posso sapere il tuo grado?”
Juliet drizzò la schiena, senza scomporsi. “Sono Juliet, numero 36”
“Numero 36!” La guerriera si passò il palmo della mano sulla fronte con sconcerto. “Quel bastardo di Ioseph! L’ha fatto apposta, vuole farmela pagare…” – poi scattò in piedi come una furia e cominciò a camminare avanti e indietro a passo spedito, enfatizzando le sue parole con gesti delle mani di tanto in tanto. “Insubordinazione, la chiama! Sono a tanto così dal diventare una cifra singola e mi fa questo! Pezzo di merda…” – si voltò di scatto verso Juliet. “Loro. Hanno bisogno. Di noi. Cosa importa se non li trattiamo come superiori? Se un misero umano cerca di trattarmi come uno straccio io gli rispondo a tono! Ed è il minimo!”
Normalmente Juliet avrebbe fatto battute per smorzare l’atmosfera, ma non era dell’umore giusto. “A tanto così dal diventare una cifra singola?”
La ragazzina sembrò calmarsi e le si avvicinò fino a fronteggiarla, una strana luce negli occhi. Calcolatrice, controllata, ma al tempo stesso ardente di determinazione. “Rosalina, numero 11” si presentò finalmente, e le sorrise fiera. Era piccola sì, sembrava essere poco più di un metro e sessanta che per gli standard delle guerriere era pochino. Aveva un viso giovane, ma era sicuramente molto più avanti con gli anni. Numero 11… Chissà da quanto tempo era una guerriera, e quanto ci aveva messo a raggiungere quel grado. Chissà quanto ci avrebbe messo Juliet a raggiungere un grado simile, sempre se ce l’avesse fatta.
Rosalina la stava ancora fissando. Cosa voleva? Sembrava una cazzo di volpe che adocchia la sua preda, il che non aveva senso dato che la numero 36 non era mica uno Yoma. Quest’ultima in tutta risposta ricambiò lo sguardo dall’alto del suo metro e ottantacinque, senza abbassare la testa. Una silenziosa dimostrazione di orgoglio, come a voler dire “Tu hai il tuo grado, io ho la stazza” .
“Cominciamo?” chiese infine Juliet per far cessare quella situazione imbarazzante. La sua compagna distolse finalmente lo sguardo, gli occhi d’argento che cercavano la direzione per la “città degli Yoma”: “Stavo quasi per dirlo io”

Procedettero verso la città. Faceva caldo e c’era un sole che spaccava le pietre, ora che non si trovavano più sotto l’ombra degli alberi. Silan era di fronte a loro, con le sue mura ambrate e i tetti a cupola degli edifici.
Rosalina prese a spiegare alcuni dettagli della missione durante il tragitto: “Tutti gli organi amministrativi di Silan sono sicuramente corrotti. E’ stato un gruppo di abitanti del posto a chiamare l’Organizzazione, ma non ci aiuteranno. Vogliono restare il più possibile anonimi, credo… Nel caso in cui noi fallissimo” – fece una pausa, distendendo le labbra in un sorriso beffardo come se si fosse appena trattenuta dal ridere. “E ciò è, ovviamente, impossibile”
Juliet si limitò a guardare avanti a sé mentre pensava al da farsi.
“Io dico di andare dritte al punto. E’ chiaro come il sole quali siano i colpevoli” proseguì Rosalina eloquente, dopo che attraversarono i cancelli della città.
“Audace. Ma prima non sarebbe meglio fare un giro per individuarli con più certezza? Potrebbero essercene degli altri, al di fuori del sindaco ed i suoi consiglieri”, replicò la numero 36.
“…O potrebbero essercene meno di quelli calcolati. Lo so, lo so, non sono una novellina”, le fece eco la sua compagna con tono accondiscendente.
Come prima tappa optarono per la taverna, il posto in cui gli umani chiacchierano di più. L’atteggiamento della gente per le strade era strano, diverso da ciò a cui le guerriere erano abituate. Nessuno le scansava, pochi le guardavano male. Sembrava quasi che… desiderassero la loro presenza. Juliet riusciva a leggere le richieste d’aiuto nei loro occhi. Sembravano dire “Liberateci dal male”.
Dalla strada principale giunsero alla piazza: la taverna si trovava lì vicino, a quanto aveva detto una signora a cui avevano chiesto indicazioni. La gente era piuttosto abbronzata lì, con capelli ed occhi scuri; questo faceva saltare all’occhio le due guerriere ancor più del normale – Juliet soprattutto, con la sua statura imponente.
“Di dove sei?”, chiese improvvisamente Rosalina.
La numero 36 tentennò, colta alla sprovvista dalla domanda. “Uh… Ovest. Tu?”
“Ci avrei giurato, sai? Hai un qualcosa che mi fa pensare ad una cacciatrice. Io invece sono originaria del Nord… Pieta”
“Una cacciatrice?” Per la prima volta dal loro incontro Juliet rilassò il volto e sorrise, divertita. La numero 11, che le camminava a fianco, alzò la testa per guardarla.
“Finalmente cambi un po’ quella faccia, è dall’inizio che te ne stai lì in silenzio con quell’espressione da cane bastonato. I superiori mi avevano promesso una compagnia divertente… Anzi, mi hanno persino detto di zittirti, ogni tanto, e di non farmi distrarre. Brutta giornata?”
Eh? I superiori le avevano detto questo di lei? “Ci hai preso, più o meno. Sta’ attenta a cosa desideri… Potrei davvero distrarti. Durante la battaglia, magari” Era ironia quella? Stava finalmente uscendo dalla fase di malumore cronico in cui era entrata dopo l’ultima missione?
Rosalina la guardò, gli occhi che la scrutarono per qualche secondo che parve interminabile, e alla fine sorrise. Stavolta sembrava sincera.

Quel luogo era davvero particolare, pensò Juliet: quasi completamente ambrato, tra gli edifici e le mattonelle color sabbia, ad eccezione delle cupole colorate di blu e le piante all’entrata delle ville e negli angoli delle strade. Sicuramente diverso dal tipo di paesaggio che conosceva.
L’interno della taverna invece assomigliava a qualsiasi altra taverna in cui era stata, cioè due. Rosalina aveva insistito per andare a parlare col barista, “perché aveva più esperienza e sapeva come far parlare gli uomini”, aveva detto. “E poi sono abituata a fare tutto da sola, Juliet”. Le aveva mollato due boccali per darle qualcosa per passare il tempo ed era tornata al bancone, dove sembrava ridersela con quegli umani.
Juliet la guardava di sbieco, seduta al tavolo in maniera molto poco elegante dato che era troppo piccolo per le sue gambe. Sospirò e cominciò a bere il secondo boccale. Era tutta strana, quella. Snob che si credeva tanto invincibile e non era neanche un numero singolo… Chissà come dovevano essere le altre, allora! Sperò di non incontrare mai nessuna cifra singola. Dovevano essere anche peggio.
La piccoletta tornò e si sedette di fronte a lei, perfettamente composta. Lei ci entrava, in quel tavolo minuscolo. “Sono riuscita a farmi disegnare una piccola mappa della città” cinguettò trionfante, sventolandole davanti un foglietto di carta. “E mi son fatta dire qualcosina in più sulla situazione per non perdere ulteriore tempo”
Juliet sospirò, il mento supportato dal palmo di una mano. “Impressionante… E cosa hai scoperto?”, replicò con sarcasmo.
La numero 11, troppo gonfia di orgoglio, ignorò volutamente il tono della compagna. “Sia il nuovo sindaco, Gries, che i suoi amichetti sono nati e vissuti in questo posto apparentemente. Gries è stato nominato subito perché la gente del posto si fidava di lui e credeva che sarebbe stato un leader migliore del precedente. A quanto pare è uno facoltoso che si è sempre occupato di donazioni e aiuti per la città, per la gente che vive qui e soprattutto per le classi meno agiate – che sono la maggioranza. E’ subentrato al vecchio sindaco Bander perché a quel tempo la gente aveva appena iniziato a sparire – e morire – e Bander si era mostrato incapace di risolvere la situazione… Col risultato che dopo Gries le sparizioni sono triplicate. E sai qual è il bello? Che ora tutta la città sospetta di lui, perché lo stupido non ha neanche tenuto un basso profilo e uno dei cadaveri è stato rinvenuto dentro casa sua. Ecco perché sono tutti così tolleranti con noi qui… Hanno le mani legate e siamo letteralmente la loro unica salvezza”
“Non è forse sempre così? Noi siamo sempre la loro unica salvezza…” borbottò Juliet, entrambi i boccali ormai vuoti. “Tolleranti è dir poco… Di cosa ridevi con quei tipi al bancone, prima?”
Rosalina scoppiò a ridere. “Sai dove ti trovi, Juliet? In questo posto una bella donna è sempre “tollerata”, non importa la razza…” Juliet alzò gli occhi al cielo. “Non sembra la prima volta che entri in una taverna, di solito come ti si rivolgono qui dentro?”
La guerriera, colta alla sprovvista, cercò di fare mente locale mentre ricacciava gli effetti dell’alcol grazie al controllo dello Yoki. “Uh… Non saprei dire… Nella mia esperienza più o meno tolleranti, credo. Non hanno mai riso con me però”
“Forse non sei divertente come credi”, la stuzzicò Rosalina.
In tutta risposta l’imponente guerriera prese i boccali per riportarli al bancone e si alzò in piedi… così facendo, data la posizione in cui si era precedentemente messa per cercare di star comoda al tavolo, le sue ginocchia si disincastrarono, incontrarono i bordi di questo e lo portarono su con loro, facendolo ribaltare e quasi cadere addosso alla numero 11 che tuttavia riuscì a fermarlo con due dita.
“Devi impegnarti un po’ di più per farmi male, novellina”, la canzonò tronfia la piccoletta, per nulla offesa, scoppiando in una risatina mentre la vedeva allontanarsi verso il bancone.

Le guerriere procedevano senza alcuna fretta lungo la via principale della città. Intorno a loro la gente era dedita alle loro attività quotidiane; tuttavia la presenza delle due non passava certo inosservata – come sempre d’altronde, ma stavolta in maniera diversa. Juliet vedeva sguardi pieni di aspettative e speranza, praticamente il comportamento che gli umani avrebbero dovuto avere di default nei loro confronti dato che erano le eroine che puntualmente salvavano loro le chiappe. Certo, aveva incontrato umani gentili e grati nei suoi confronti fino a quel momento, ma mai così tanti insieme. Era strano… quasi inquietante. Ed era triste che le sue aspettative nei confronti degli esseri umani fossero così basse dal ritenere inquietante una cosa simile.
“Ora che sappiamo abbastanza, senza troppi convenevoli possiamo andare direttamente a far visita al nostro caro sindaco e al suo entourage” La voce di Rosalina era calma, posata, anche leggermente ironica, ma chiaramente sapeva il fatto suo. Doveva riconoscerlo, ora che le stava vicino riusciva a sentire tutta la potenza del suo Yoki, e a dir la verità se non avesse saputo il suo grado l’avrebbe tranquillamente potuta scambiare per una cifra singola.
“E non dovremo neanche girare a vuoto, grazie alla tua magica mappa”, la canzonò alzando gli occhi al cielo. Si stava gradualmente ammorbidendo e la cosa la sollevava: dopo l’ultima missione non si era più sentita Juliet al 100% e… si mancava. E’ possibile mancare a se stessi? Bene, per lei lo era eccome, e non vedeva l’ora di tornare completamente in sé.
“Sai, non dovresti prenderti così tanta confidenza con guerriere più in alto… Alcune di loro potrebbero non prenderla bene, e lì ti ritroveresti col sedere ben piantato in terra” Il tono della numero 11 era freddo e affilato come una lama, accompagnato da un sorrisino altrettanto glaciale da vera nordica. Juliet avrebbe voluto ribattere, dirle che non era così, che normalmente era una più piacevole, ma alla fine non importava.

L’abitazione del sindaco Gries era color dell’ambra come tutte le altre ed imponente, preceduta da una piazza e circondata da altri edifici. Non gli importava proprio la discrezione, eh? Qualunque cosa accadesse là dentro veniva senza alcun dubbio regolarmente captata da numerosi testimoni.
“Che piccolo Yoma sfacciato”, commentò ironicamente la numero 36.
“Aspetta di vederlo prima di chiamarlo piccolo…” – rispose subito Rosalina con un sorriso e un tono che divenne via via più tetro. “E soprattutto di sentirlo… Non te ne sei ancora resa conto?”
Juliet smise di sorridere. “Di cosa parli?”
La sua compagna sospirò e fece un gesto circolare con l’indice verso l’alto, come ad indicare l’area in cui si trovavano. “Pensaci bene: quante fonti di Yoki riesci a sentire in questa città, Juliet? Oltre alla mia, ovviamente”
…Cazzo. Non ci aveva proprio pensato. All’inizio, quando erano entrate in città, Juliet aveva provato a concentrarsi per sentire qualcosa, e non riuscendoci aveva incolpato le sue scarse abilità percettive e la probabile lontananza dei mostri. Ma dopo essersi spostate al centro di Silan, e dal centro ad est ed ora a nord fino ad arrivare di fronte al covo della banda, ancora non riusciva a sentire la minima traccia. Ci riprovò concentrandosi meglio: ancora niente. E se neanche una numero 11, che ad occhio e croce scommetteva fosse un tipo da Agilità o Spirito, riusciva a percepire gli Yoma…
“La faccenda si fa complicata” disse Juliet, seria.
La numero 11 non era dello stesso avviso, anzi… sembrava divertita. “Meglio così: mi piacciono le sfide. Andiamo”

Quegli Yoma erano spavaldi, ma anche Rosalina non scherzava. Nessun piano articolato in modo da provare a coglierli di sorpresa, nessun giro intorno all’abitazione: la piccoletta bussò direttamente alla porta. Ad aprire fu un uomo alto e magro, molto magro, che a vedere le due guerriere perse colorito. La numero 11 lo afferrò non troppo gentilmente per il polso, costringendolo ad abbassarsi verso di lei, e lo fissò dritto negli occhi per un tempo che parve interminabile. Juliet capiva perché lo stesse facendo, ma al tempo stesso riusciva a capire il disagio del poveretto… Rosalina era inquietante forte quando fissava la gente.
“Non è uno di loro…” sospirò con delusione la piccoletta, lasciandolo andare. “Dev’essere della servitù… vero, coso?” gli chiese poi, schioccandogli le dita davanti alla faccia di fronte all’assenza di una risposta.
Juliet si passò una mano tra i capelli, scostando il ciuffo dietro l’orecchio. Quell’uomo era chiaramente spaventato, e la ragazzina stava solo peggiorando la situazione. Così si fece avanti lei, richiamando l’attenzione dell’umano. “Puoi farci entrare? Vogliamo solo parlare.” Il tono rassicurante della numero 36 sembrò riportare un po’ di colorito sul viso dell’uomo, il quale dopo qualche tentennamento le invitò ad accomodarsi.
La casa del sindaco sembrava ancora più grande dall’interno. Per quanto riguardava il resto, Juliet non registrò nessun particolare degno di nota: era la solita casa da ricchi, con quadri, carta sulle pareti e mobili con forme strane. L’umano le fece accomodare in una sala d’aspetto, dove trovarono altri tre servi tra cui una donna. Rosalina, sospettosa, ordinò alla compagna di estrarre la spada mentre ripeteva con gli altri umani ciò che aveva fatto con l’uomo che aveva aperto loro la porta; Juliet obbedì, anche se a vedere come fossero spaventati era chiaro che non fossero loro i nemici.
Tuttavia, anche quando il gruppetto si rivelò effettivamente umano al 100%, la numero 11 continuò a spostare quegli occhi predatori da un servo all’altro minacciosamente. “Dove sono i vostri padroni?”
Juliet decise nuovamente di intervenire dopo aver constatato che – ovviamente – nessuno avesse il coraggio di risponderle: chi guardava in basso, visibilmente a disagio, chi addirittura tremava… Le facevano troppa pena. Erano totalmente indifesi. Erano le persone per cui aveva deciso di combattere.
“Noi siamo qui per aiutarvi”, li incoraggiò con una voce calda e gentile; tutta un’altra storia rispetto al gelo della piccoletta. “I vostri padroni sono in casa?”
I servi si guardarono tra loro, come per decidere silenziosamente chi sarebbe stato abbastanza coraggioso da fare da portavoce.
Alla fine l’uomo che aveva aperto la porta alle ragazze si schiarì la voce e fece un passo avanti. “…No. Il signor sindaco ed i suoi consiglieri sono partiti stamane per delle commissioni nel vicino villaggio di Cante. Dovrebbero tornare domani.” Finito di parlare il suo petto sembrò sgonfiarsi, come se quella semplice azione gli fosse costata un grande sforzo fisico, e le sue dita sfiorarono i bottoni della camicia che indossava come per sistemarla.
Rosalina, irritata, si fece scivolare fino a sedersi sulla poltrona dietro di lei ed incrociò le braccia; per evitare che il caratteraccio della piccoletta distruggesse il clima di quasi-fiducia che Juliet stava cercando di instaurare coi servi, quest’ultima prese nuovamente la parola.
“Come ti chiami?”, chiese al portavoce.
L’umano, forse preso alla sprovvista, rispose solo dopo qualche secondo. “Io… mi chiamo Phillip”
“Bene Phillip, io sono Juliet, lei è Rosalina e abbiamo un contratto in questa città. Sai chi siamo noi?”
Phillip guardò con timore la numero 36 per un istante, cercò di fare lo stesso con la piccoletta ma non riuscì nemmeno a guardarla negli occhi. “…Sì”
“Perfetto. Quindi sai cosa facciamo, e perché siamo qui. Cosa sai dirci sui tuoi padroni? Tutti voi non mi sembrate troppo in forma…” Non lo erano eccome. Per quanto fossero diversi per età, altezza e lineamenti, il gruppetto di servi aveva una cosa in comune: erano magri e pallidi come fogli. Era facile da immaginare che uno Yoma non fosse esattamente il datore di lavoro migliore del mondo…
Phillip si irrigidì; fu un altro del gruppo a prendere la parola. “Abbiamo sempre servito il padrone Gries, ma da circa otto mesi è… cambiato. Ha iniziato a dimezzarci le razioni di cibo, a maltrattarci… Poi cose molto peggiori hanno iniziato ad accadere”, raccontò l’uomo con eloquenza, portando una mano dietro la schiena. “Circa due volte a settimana portano qualcuno della città nella parte della casa a cui non ci è permesso accedere, e sentiamo grida terribili. Il giorno dopo c’è sempre carne in abbondanza per Martha così che possa cucinarla” La donna si coprì il volto con le mani e l’uomo accanto a lei si chinò per consolarla.
“Ma certo, devono mangiare…”, parlò finalmente Rosalina dalla sua poltrona, alzando gli occhi al cielo. I servi, scossi dalle sue parole, ricominciarono a tremare. “Ah, che noia. Perché mandare due di noi per una sciocchezza simile?”
Juliet le lanciò un’occhiataccia e si rivolse nuovamente agli umani. “Perché siete ancora qui e non fuggite?”
Stavolta fu la donna a parlare. “E andare dove? Loro sanno tutto e conoscono tutti, comprese le nostre famiglie… Non potremmo mai fare in tempo a lasciare la città, e comunque verremmo raggiunti subito! Non possiamo fare nulla… siamo solo umani”
Il viso di Rosalina si illuminò al “siamo solo umani” e sorrise, compiaciuta.
Phillip intrecciò le dita, agitato. “C’è un’altra cosa…”
Le guerriere lo guardarono.
“Prima che i padroni partissero oggi abbiamo visto una di voi qui in casa… Insomma, con i padroni… Sembrava una Claymore, ma non aveva l’armatura e camminava scalza”
Rosalina alzò un sopracciglio, improvvisamente seria. “Una novizia?”
“Non saprei… Ma aveva i vostri occhi e la vostra spada, questo è quello che ho visto. Era priva di sensi e l’hanno portata nelle loro stanze, e non l’ho più vista”, rispose l’uomo continuando ad intrecciare le dita delle mani tra loro. “Posso mostrarvi la direzione…”
La numero 11 stava per dire qualcosa, ma Juliet la zittì con un gesto secco della mano. Non c’era più traccia di gentilezza né di calore sul suo viso.
“Mi dispiace Phillip, ma temo che un’altra bugia farà traboccare il vaso del fastidio. E a quel punto farei cose di cui potrei pentirmi”
Rosalina alzò la testa per guardare la compagna, genuinamente confusa dall’improvvisa aggressività della ragazza. “Juliet?”
“Le persone tendono a fare delle cose quando sono sotto stress…” spiegò la numero 36, camminando verso i servi, i quali cominciarono ad indietreggiare. “Ho passato molto tempo tra gli umani, ma anche noi mezze demoni lo facciamo. Siamo persone, dopotutto. Imperfette ed emotive” Gli umani, vicini tra loro e intimoriti dalla stazza della guerriera, continuarono a camminare all’indietro sino a finire spalle al muro. “Quando mentiamo non riusciamo a star fermi… Muoviamo le mani, le dita… Si chiamano “tic nervosi”. E’ vero, ragazzi?”
Si voltò verso il centro della stanza dove si trovava la compagna, ma quel che vide la costrinse a dubitare della sua sanità mentale per qualche istante. “Impossibile…” Una figura nera si ergeva alle spalle della poltrona su cui sedeva Rosalina, la quale scattò in piedi ma non abbastanza velocemente; una fila di tentacoli si strinsero attorno al suo corpo, immobilizzandola. Fu a quel punto che Juliet avvertì una sensazione pungente all’addome, e abbassò la testa per capire cosa fosse. Era già stata colpita.

Per qualche bizzarro motivo quando Juliet riaprì gli occhi si aspettò di ritrovarsi nella sua stanza, lì al palazzo di Staph; la realtà la colpì come un pugno nello stomaco quando il dolore fisico le ricordò cosa fosse successo davvero. Si trovava a Silan… era con la numero 11… ed entrambe erano state colpite da uno Yoma dal quale non avevano percepito alcuno Yoki.
Dove si trovava? Era tutto buio ed umido e le faceva un po’ male il lato destro del corpo. Dov’era Rosalina? Era viva? E la ferita… La ferita! Immediatamente il sangue le arrivò alla testa e la guerriera si tastò l’addome, in preda al panico. Le parole non possono spiegare adeguatamente quanto si sentì sollevata non appena realizzò che il demone non l’avesse colpita in un punto vitale. Tastando nelle vicinanze si rese conto di avere anche la spada con sé.
La ragazza si rialzò con cautela sui gomiti per sedersi e prepararsi alla rigenerazione, quando una voce familiare la raggiunse.
“Juliet? Sei sveglia?”
Sentendola distante, la guerriera cercò di captare da che direzione provenisse la voce della compagna; alzando la testa capì di trovarsi in un pozzo. Riusciva a vedere delle grate che non parevano troppo stabili, e al di fuori di esse una fioca luce di torce; il pozzo sembrava abbastanza profondo però – come dimostrarono i vari graffi superficiali e strappi all’uniforme che pian piano si ritrovò addosso ispezionandosi con più attenzione.
“Mi hanno buttata qui dentro, pare. Ho una ferita da rigenerare. Tu come stai?” La sua voce riecheggiò altisonante e non ebbe problemi a raggiungere l’interlocutrice.
Quella di Rosalina invece suonava più bassa e distante, costringendo la numero 36 a tendere l’orecchio. “Io sto bene… Quel bastardo mi ha strozzato fino a farmi perdere i sensi, ma a parte questo non sono ferita”
Juliet tirò un sospiro di sollievo. “Dove ti trovi, esattamente? Riesci a liberarti?”
Ci fu qualche momento di silenzio. “Mi trovo in una gabbia. Ho polsi, caviglie e busto legati in un modo abbastanza complesso” Seguì un’altra pausa, in cui le parve di sentirla imprecare a bassa voce. “E’ un filo che non avevo mai visto prima… Sembra di ferro ed è pieno di spuntoni. Se provassi ad usare lo Yoki finirei affettata. In ogni caso credo proprio che ci vogliano vive” Non c’era alcuna ironia nella sua voce, né tantomeno spocchia; sembrava realmente preoccupata – e arrabbiata. “Come è potuta accadere una cosa simile? E’ apparso dal nulla alle mie spalle… Eppure sono una delle migliori nella percezione”
“Ascolta…”, la interruppe Juliet con lo stesso tono calmo e rassicurante che aveva usato prima coi servi. “Io non sono legata. Posso provare ad uscire, ma prima devo rigenerarmi. Verrò a liberarti, va bene?”
Rosalina rimase nuovamente in silenzio per qualche secondo, come se ci stesse pensando su. “Va bene…” mormorò alla fine. Faceva davvero strano sentirla così. L’aveva vista irritata, arrogante, sarcastica… adesso invece sembrava quasi una novizia spaventata. Si vedeva che non era abituata a perdere.
Comunque fosse era il momento di concentrarsi sulla rigenerazione, e la guerriera lo fece, lasciandosi il mondo alle spalle per qualche tempo.

Dopo essersi rigenerata entrava in gioco la fase successiva: uscire da lì. Juliet iniziò a rilasciare Yoki sufficiente per alterare la sua massa muscolare e procurarsi degli artigli da Yoma, in modo da provare a scalare il pozzo.
Riusciva a sentire degli spazi tra alcuni mattoni sotto le dita; si diede lo slancio e cominciò il primo tentativo. Riuscì a salire circa tre metri, scivolò e cadde di schiena. Ne seguì una lunga lista di imprecazioni mentre massaggiava la parte lesa, il che suscitò l’ilarità della compagna che doveva averla sentita.
“ E tu cosa ridi? Se non esco di qui, tu resti lassù legata come un capretto” ringhiò Juliet, puntando il dito indice nella direzione da cui proveniva la voce della numero 11. Le risate diminuirono di volume fino a cessare.
“Va bene… ci riprovo” Il secondo tentativo fu più fruttuoso: la guerriera riuscì infatti ad arrivare a metà percorso, conficcando gli artigli più a fondo che poteva… Ma un piede mal posizionato la fece nuovamente cascare a terra.
Juliet si rialzò, cercando di pulirsi l’uniforme mentre ripassava ad alta voce le attitudini dei membri femminili delle generazioni di Gries e compagnia.
Di nuovo, udì una bassa risatina.
“Lo trovi divertente? Credevo che te la stessi facendo sotto, infallibile “quasi-numero-singolo”. Guarda che tu saresti la prima ad essere mangiata”
Stavolta la risata si abbassò di volume, ma non cessò. “Liberami e vedrai”

Dopo altri tentativi insoddisfacenti che le procurarono solamente una serie di lividi sul sedere, ma al tempo stesso una migliore conoscenza degli spazi tra quei mattoni scivolosi, finalmente Juliet riuscì ad arrivare in cima.
Rosalina vide la grata del pozzo saltare via ed una grossa figura muscolosa uscire da lì, atterrando su un ginocchio. La numero 36 si rialzò in piedi, lo Yoki al 50% che la rendeva così simile ai mostri che combattevano, e la guardò.
Immediatamente il viso della numero 11 si illuminò e le fece un sorriso, indicando con lo sguardo il filo con cui era legata. Juliet si chinò e sferrò un colpo di spada al lucchetto della gabbia, frantumandolo; dopodiché prese Rosalina in braccio e la fece uscire. Quest’ultima non smise di sorridere e di fissarla.
“Wow, sei mostruosa.”
“Guarda che ti rimetto là dentro”
Dopo aver ricevuto un’altra risatina come risposta, la guerriera sospirò e tornò gradualmente al suo aspetto umano; posò la compagna a terra sotto la luce delle torce e cominciò ad ispezionare il filo. Wow, Rosalina non scherzava… Se avesse provato ad ingrossare la muscolatura per cercare di rompere quel filo si sarebbe davvero ritrovata a fettine.
In ogni caso era troppo complicato per lei e non l’aveva mai visto prima, quindi girò la piccoletta a pancia in giù e colpì con la Claymore la zona che univa il nodo dai polsi alle caviglie, l’unica sicura per non rischiare di mutilare la compagna.
Non appena sentì la pressione del filo allentarsi, Rosalina si liberò veloce come un gatto. Poi tornò a guardare la compagna.
“Ci hanno lasciato le spade” disse Juliet, più un pensiero ad alta voce che altro dato che aveva notato la Claymore della piccoletta la quale prima non aveva neanche fatto in tempo a sguainare.
“Peggio per loro”, sibilò l’altra smettendo di sorridere. Sembrava quasi che avesse due personalità: quella “buona” a cui piaceva ridere, provocare e prendere in giro; e la maschera di fredda calcolatrice di quando le cose si facevano serie. E allora Rosalina sembrava avere un solo pensiero per la testa, uccidere. “Perché non mi prenderanno alla sprovvista un’altra volta. Per prima cosa sopprimeremo lo Yoki”
Juliet annuì, senza troppa convinzione.
“Non sai farlo?” la incalzò la compagna, infastidita.
Bel modo di trattare chi le aveva appena salvato le chiappe… “Non è la mia specialità, ma posso provarci. Il mio Yoki è il più debole dei due, non dovrebbe essere troppo complicato nasconderlo”, rispose la guerriera. Rosalina sospirò. “E va bene… Ti aiuterò io.”
L’aura di potere demoniaco intorno alla numero 11 si affievolì gradualmente, come la luce di una candela consumata; fino al punto in cui Juliet non riusciva quasi più ad avvertirla nonostante fosse al suo fianco.
“Non sappiamo che tipo di nemico ci aspetta”, spiegò Rosalina guardando la compagna negli occhi. Quest’ultima si raddrizzò sulla schiena, avvertendo una strana sensazione dentro di sé. “E’ una situazione anomala. Ioseph mi ha parlato di sei Yoma compreso il sindaco, tra cui alcuni – di numero imprecisato – probabili Divoratori. Ma la verità è che non sono sicura di ciò che ho visto prima, quando siamo state attaccate. E il fatto di non aver avvertito alcuno Yoki è… strano.” La piccoletta aggrottò le sopracciglia. “Quando l’ho avvertito era ormai vicinissimo a me, e ciò che percepivo… in un qualche modo, non sembrava esatto. Quindi, per tutelarci, giocheremo a nascondino anche noi.”

Uscite dalle prigioni le due guerriere sbucarono in un corridoio decisamente più illuminato. Nonostante ciò, la tensione era palpabile. Ogni ombra, ogni volto su quei pacchiani dipinti che adornavano le pareti, ogni minimo rumore mandava Juliet sul chi va là – ed era sicura che anche Rosalina fosse preoccupata, almeno in minima parte.
La Percezione era essenziale per ogni guerriera. Sentire il nemico a distanza era parte di ciò che rendeva le guerriere soldati (quasi) perfetti; senza di quella… beh, era come combattere al buio. Le faceva sentire vulnerabili come comuni umane.
E quella carenza di informazioni non faceva altro che peggiorare le cose. Chi era il nemico? Che tipo di Yoma?
Il corridoio terminò con una rampa di scale che portavano al piano di sopra.
Rosalina sussultò improvvisamente, spaventando Juliet la quale si ritrovò a sguainare la spada con un movimento fulmineo.
“Ho sentito qualcosa! E’ stato solo un attimo, ma ho percepito chiaramente sei Yoki”, sussurrò la numero 11 esultante. “Al piano di sopra. Quattro di loro hanno uno Yoki davvero basso… Li lascio a te”
Juliet, parzialmente sollevata dalla notizia, rilassò un po’ di tensione nelle spalle ignorando la frecciatina. “E gli altri due?”
La ragazzina fece una smorfia. “Ti basti sapere che non saranno un problema tuo”

Uscite dai sotterranei le due percorsero a ritroso la “zona dei padroni”, la scarsa illuminazione delle torce a muro e le ombre che queste proiettavano sui tanti, troppi dipinti appesi alle pareti rendevano il tutto piuttosto spettrale. Juliet pensò alle storie di fantasmi che la gente amava far circolare nei villaggi. Storie di grandi ville, più o meno come quella, di padroni con un terribile segreto e di giovani stu… cioè coraggiosi che osavano avventurarsi nella magione alla ricerca di un mostro quasi invisibile. Si direbbe che la situazione delle due guerriere calzasse il ruolo alla perfezione.
La numero 36 era visibilmente intimorita, si guardava intorno con circospezione brandendo la spada a due mani; Rosalina al contrario sembrava rilassata, camminava avanti a testa alta guardando dritto davanti a sé con l’arma ancora nel fodero, mancava poco che si mettesse a fischiettare.
Ad un certo punto, forse avvertendo un altro bagliore di Yoki, la numero 11 sfilò la Claymore e iniziò a correre in una direzione senza aspettare la compagna.
Juliet stava per protestare, ma decise di fare silenzio e seguirla per non compromettere qualunque piano l’altra avesse in mente.
La corsa si fermò davanti ad una grande porta alla fine di un corridoio – giurava di esserci già passata davanti, ma in quel labirinto di corridoi tutti uguali non si poteva mai dire con certezza – con Rosalina che, dopo aver tastato la porta per qualche istante, con uno scattò fluido fece passare la lama in un punto preciso; da quel punto iniziò a colare una sostanza violacea e dall’altra parte si sentì un grido strozzato.
Li avevano trovati.
“Fuori uno” La numero 11 eseguì un movimento secco con la spada per far schizzare via il sangue di Yoma, dopodiché si voltò verso la compagna con un sorriso. “Adesso ne hai tre di livello basso, Juliet. Tutti per te. Buona fortuna”
Juliet avvertì qualcosa di astratto sollevarsi dal suo petto, come un qualcosa di artificiale ed estraneo che la liberava dalla sua presenza. Già… ora non era più necessario nascondere lo Yoki.
La grande porta si aprì e ad uscirne furono due Yoma, i quali si diressero subito verso la numero 36. “E così sei riuscita a scappare, eh? Poco male, non riuscirai mai a farcela contro tutti noi…”
Non avevano fatto una piega passando accanto a Rosalina?
Un momento… dov’era Rosalina?
Juliet strinse la spada con entrambe le mani mentre il primo Yoma si lanciava all’attacco. Questo estese gli artigli e cercò di darle una zampata, la quale si interruppe con un rumore metallico incontrando la Claymore della guerriera. Lo Yoma fece un balzo indietro e a dargli il cambio fu l’amico, il quale con una finta riuscì ad entrare nella guardia di Juliet e scagliò tutto il suo peso contro di lei mentre l’altro demone stava arrivando a dargli supporto.
C’era qualcosa di strano. Invece del solito colore dorato, che anche le guerriere possedevano nel momento in cui liberavano il loro potere… quei due avevano gli occhi marroni.
Juliet cercò di mantenere la posizione con la spada, preparandosi al momento giusto per attaccare; questo arrivò quando un urlo di dolore proveniente dalla sala oltre le porte attirò l’attenzione di entrambi gli Yoma i quali, genuinamente confusi, fecero per voltarsi a vedere cosa stesse succedendo.
Fu in quel momento che la numero 36 si spostò di lato, caricando un fendente basso da destra verso sinistra che separò in due parti il corpo del mostro il quale, senza Juliet a fargli resistenza, si ritrovò a cadere in avanti e ad incontrare la sua fine.
“Fuori uno”
L’altro Yoma era ancora meno intelligente del precedente: fece per scagliarsi contro la guerriera proprio come aveva fatto il compare, ma Juliet bloccò l’azione sul nascere mollandogli un calcio alle parti basse… O almeno, dove sarebbero dovute esserci. Questo costrinse il mostro a chinarsi e praticamente offrirle la sua testa.
“Fuori due”
Era tempo di raggiungere Rosalina dall’altra parte? Udiva chiaramente i suoni di uno scontro, forse avrebbe potuto esserle utile. Fece per procedere in quella direzione, ma un improvviso spostamento d’aria ed un conseguente dolore la colsero alle spalle.
“No! Non di nuovo!”
Juliet si voltò di scatto mentre cercava di realizzare cosa fosse appena successo. Un altro Yoma si trovava a pochi metri da lei, artigli completamente estesi, volto umano… e occhi marroni. Era lui l’altro Yoma di livello basso di cui le aveva parlato Rosalina? Doveva essere lui… Non l’avrebbe lasciata sola con uno fuori dalla sua portata, vero?
La guerriera riprese a respirare quando si rese conto che il demone l’avesse “solo” graffiata su tutta la schiena. Era una ferita leggera, si sarebbe ripresa facilmente.
“Alla fine hanno mandato qualcuno, eh?” commentò divertito il mostro, aggiustandosi gli occhiali sul volto non trasformato. “E dire che quando Gries mi ha riferito di esser riuscito a catturare due Claymore ero così contento. Avremmo voluto mangiarvi, sai, per sentire un po’ com’è la vostra carne. Certo, prima avremmo giocato un po’, ecco perché vi abbiamo prese vive” Lo Yoma fece due passi avanti, Juliet due passi indietro. “La carne umana ci sostiene ma dopo un po’ diventa noiosa… Volevamo provare qualcosa di nuovo. Un connubio tra la nostra carne e quella degli umani… suonava davvero interessante”
Lo Yoma fece un balzo verso di lei ed attaccò con entrambe le zampe, gli artigli che si conficcarono al suolo rompendo le mattonelle del pavimento in due grandi forme circolari ai lati della guerriera, la quale riuscì a schivare il colpo per un pelo e portare lo Yoki al 30%.
Cogliendo l’occasione Juliet colpì alla sua sinistra con un fendente che riuscì a tranciare quattro dita della mano destra all’avversario.
Questo lanciò un urlo di dolore e cominciò ad attaccare con furia cieca, gli artigli rimanenti che spazzavano il corridoio a zigzag cercando di colpire la ragazza. “Maledette puttane! Orfane, figlie di nessuno! Siete l’ultima ruota del carro della civiltà, nessuno vi vuole!” Juliet schivava, non senza difficoltà; quando il pavimento si ridusse ormai ad un cumulo di cemento e detriti il mostro cominciò ad ansimare per la stanchezza, e la numero 36 anche.
Tuttavia, quando le parve di sentire la voce di Rosalina lamentarsi dall’altra stanza, Juliet strinse la spada con più risoluzione e cominciò ad avanzare verso lo Yoma. Doveva diventare forte, così forte da poter proteggere chiunque volesse. Forte, così non avrebbe mai più dovuto temere di perdere qualcuno.
Quel mostro aveva ragione: le guerriere erano sole al mondo e nessuno le voleva. Le uniche persone che avevano… erano le loro stesse compagne.
Il demone completò la trasformazione e riprese ad attaccare, ma con meno vigore rispetto a prima. Juliet si sentiva improvvisamente più forte, più veloce. Per quanto non fosse esattamente Miss Simpatia, la sua compagna poteva essere in difficoltà in quel momento e lei era l’unica persona su cui avrebbe potuto contare.
Juliet non avrebbe mai abbandonato una compagna. Mai.
“Il giro è finito, mi dispiace” Arrivata a fronteggiarlo, la guerriera gonfiò i muscoli delle braccia tramite lo Yoki e con un movimento fluido gli tranciò il braccio buono prima di assestare il colpo di grazia.
“Fuori tre. Un’altra testa vola via.”
A quel punto, quando neanche ci sperava più, eccolo: riuscì a sentirlo anche lei. L’ultimo nemico rimasto.

Quando superò la grande porta, la numero 36 si ritrovò davanti una scena insolita. I suoi passi risuonarono nel silenzio più totale mentre entrava nella sala; oltrepassò il cadavere del primo Yoma infilzato da Rosalina e la vide al centro della grande stanza semivuota. C’erano segni di colluttazione a terra, e uno Yoma di grosse dimensioni giaceva ai suoi piedi. Rosalina si voltò a guardarla senza alcuna espressione in viso, gli occhi argentati e l’aspetto del tutto umano. La sua uniforme era completamente pulita e intatta.
Dall’altra parte della sala, seduto su una poltrona sfarzosa a pochi metri da un imponente arto insanguinato che Juliet presumeva fosse opera della numero 11 e appartenesse all’amico a terra, c’era un uomo dall’aspetto completamente umano e l’aria divertita che cominciò ad applaudire.
Dopo aver lanciato uno sguardo di disapprovazione alla sua compagna, Rosalina si voltò dall’altra parte verso l’uomo. “Sei stato gentile ad aspettare che finissi col tuo secondo… peccato che non abbia fatto alcuna differenza per me. Avrei potuto abbattervi entrambi insieme”
Gries si alzò in piedi senza apparire troppo impressionato. “Lo so. Volevo solo fumare un’ultima volta” rispose, guardando un mozzicone di sigaretta ai suoi piedi.
Juliet sentiva la potenza del demone, sentiva che fosse “leggermente” fuori dalla sua portata; ma a vedere la calma di Rosalina e l’atteggiamento del sindaco, che addirittura si aspettava già di esser fatto fuori, si fece meno tesa.
“Un’ultima volta in questo posto, intendo… Grazie a voi troie meticcie dovrò di nuovo cambiare città e assumere l’identità di qualcun altro, e rifare tutto da capo. Che noia”
Ecco, aveva parlato troppo presto.
Gries cominciò a trasformarsi, a farsi più grosso e più scuro… tanto che alla fine pareva quasi un’ombra. Alto circa tre metri e ricoperto di tentacoli, i quali nascondevano anche la testa, lo Yoma sprigionò ancora più potere. Non c’era alcun dubbio: era stato lui ad attaccarle prima.
Rosalina non si mosse. “Interessante il trucchetto delle medicine per cercare di nascondervi. Sai, mi avevano detto che ci fosse una minima possibilità che tu potessi essere un Risvegliato. Ma non ne erano neanche sicuri perché sei talmente stupido che scambiarti per un semplice Divoratore è troppo facile”
Le medicine? Intendeva dire che quelli lì stavano usando le LORO pillole? Ma certo, gli occhi marroni! Juliet poteva dirsi impressionata: non aveva idea che esistessero Yoma così intelligenti. Né che le loro pillole funzionassero sugli Yoma… Quante cose che si imparano.
La seconda parte del discorso di Rosalina invece la lasciò nella confusione più totale. Non era un Divoratore… ma un Risvegliato? Di cosa stava parlando?
Gries rise a bassa voce, grattandosi la barba. “Non ti interessa sapere come le abbiamo ottenute?”
“A me interessa solo avere la tua testa. Avanti”, rispose la numero 11 con un tono piatto.
No, no, no, un momento. Juliet non poteva combattere senza neppure sapere chi o cosa fosse il nemico. “Aspetta.” Non ebbe problemi a farsi sentire da entrambi. Rosalina si voltò nuovamente verso di lei, infastidita.
“Ti avevo detto di starne fuori, novellina. Basto io per lui”
“Col cazzo”, ringhiò la guerriera. “Siamo state mandate in due, combatteremo in due. E prima di tutto mi spiegherai che cos’è un Risvegliato… Con tutto il rispetto, capitano”
Rosalina alzò un sopracciglio e sbuffò, col divertimento di Gries che cominciò a ridere a voce più alta. “E ovviamente è la prima volta che ne combatti uno… Ma certo. Per farla breve, in genere sono donne, ex guerriere come noi che hanno superato il limite e sono diventate Yoma più potenti della media. In casi molto più rari possono essere uomini. Comunque sia è fuori dalla tua portata, e se cerchi di fare l’eroina rimanendoci secca sono affari tuoi. Iniziamo”
Non ci aveva capito molto, ma non era tempo per le spiegazioni.
Il Risvegliato ghignò, felice di poter finalmente scendere in campo. “Ti accontento subito!” Un tentacolo con uno strano scintillio alla punta scattò in direzione della piccoletta, la quale lo evitò facilmente con un salto. Il tentacolo cadde a terra, a pezzettini. Juliet non l’aveva neanche vista estrarre la spada…
“Capisco. Sei una di quelle veloci” mormorò lo Yoma; e dalla base del tentacolo appena affettato dalla ragazzina ne spuntò subito fuori un altro, come nuovo.
Rosalina gli fece eco. “Capisco. Sei uno di quelli che si rigenerano” Fece una capriola all’indietro e venne raggiunta da cinque tentacoli assieme; li tagliò come aveva fatto col primo, ma stavolta i “moncherini” sputarono fuori delle lame… dei pugnali, lanciati a tutta velocità addosso alla numero 11 la quale non se l’aspettava e sebbene riuscì ad evitarli tutti, l’ultimo le sfiorò il braccio destro facendole un graffio che le rovinò il record di “uniforme perfetta”.
Nuovi tentacoli sostituirono i precedenti e le si lanciarono addosso, e ogni volta ne spuntavano fuori di più e le capacità di rigenerazione del mostro sembravano aumentare, sempre di più, sempre più veloce...
Passata l’iniziale adrenalina la numero 36 si ritrovò come paralizzata dalla paura. Era ferma a guardare, raccontandosi che fosse solo per studiare l’avversario, ma… più lo guardava, più aveva paura. Paura di un nemico che non conosceva, diverso da quelli a cui era abituata, paura di morire. Le sue gambe non accennavano a muoversi, ma poi qualcosa la smosse.
Era la sua umanità.
Quando vide la piccoletta sola davanti a venti tentacoli, Juliet decise di aver guardato abbastanza. Sentiva una voce dirle di fare la cosa giusta… e così si fece avanti anche lei, ignorando l’ordine della “capitana”. Com’è che aveva detto quello Yoma, prima? Le guerriere dell’Organizzazione erano sole al mondo. Ciò significava che se non si fossero aiutate tra loro, nessun’altro l’avrebbe fatto. C’erano solo loro. Soltanto loro.
Stava già imbracciando la Claymore, ma nella fondina aveva una piccola sorpresa… Avete presente che nelle case dei ricchi di solito ci sono almeno un paio di spade appese alle pareti, no? Ecco, lei ne aveva raccattate due dal corridoio di prima. Erano entrambe più piccole della sua ovviamente, ma com’è che si dice? Le dimensioni non sempre contano.
Gonfiando la massa muscolare con lo Yoki, Juliet prese la mira e lanciò la prima spada come un giavellotto verso il punto in cui presumeva dovesse trovarsi la testa del Risvegliato, mentre questo era impegnato con Rosalina. La spada affondò fino a metà nel corpo del mostro… ma poi tornò indietro, come se ci avesse rimbalzato contro, e Juliet si ritrovò a doversi buttare a terra per evitarla.
Rosalina stava lentamente cercando di farsi strada verso il Risvegliato, ma col numero di tentacoli (e lame a sorpresa) che raddoppiava – ed un altro piccolo strappo all’uniforme – era chiaro che iniziasse ad essere leggermente in difficoltà.
Juliet decise di farsi più vicina al mostro e riprovare con la seconda spada. Il lancio fu intercettato da un tentacolo, il quale deviò la traiettoria dell’arma… verso la piccoletta. Rosalina schivò senza alcun problema, ma il tentacolo afferrò la numero 36 e le si strinse attorno come un serpente. Poi si sollevò in aria e la fece sbattere prima contro il soffitto, dopo su quel che restava del pavimento, poi ancora al soffitto e infine la lanciò contro la parete dal lato opposto della sala.

“Ow…” La guerriera si rialzò lentamente; aveva male al collo, un orecchio le fischiava e credeva di avere la spalla destra lussata… Più altre ferite minori. Oh beh, almeno era viva.
Si asciugò il sangue che le colava dal sopracciglio destro e cercò di mettere a fuoco la battaglia. Rosalina era ancora alle prese coi tentacoli, ma ora era più vicina al corpo del Risvegliato. Era incredibile che non avesse ancora usato lo Yoki, forse non era in difficoltà come sembrava… Tuttavia Juliet aveva deciso che non avrebbe lasciato una compagna sola, specialmente non conoscendo le sue abilità. E poi non se la sentiva di tornare al Quartier Generale sapendo di aver a malapena ammazzato un paio di comunissimi Yoma e aver lasciato che la capitana si occupasse interamente del vero nemico. Sarebbe sembrata una codarda… o una pigrona… o entrambe.
Con lo Yoki al massimo delle sue capacità Juliet si buttò nella mischia e si fece strada per arrivare al fianco di Rosalina. Ora Gries doveva vedersela con due guerriere, quindi la velocità dei tentacoli diminuì leggermente. Juliet si rese conto di riuscire ad evitarli… con difficoltà, ma ce la faceva.
“Cosa stai facendo?”, sibilò stizzita la compagna non appena la vide.
“Non starò con le mani in mano, capitano. Mi dispiace”
Rosalina non ebbe neanche il tempo di replicare. Le guerriere videro la testa del Risvegliato uscire allo scoperto da quel corpo mostruoso; aveva ancora un aspetto umano ad eccezione della bocca, che sembrava allungarsi fino alle orecchie. Che impressione…
“Sono tutti così brutti questi Risvegliati?” chiese Juliet con una vena d’ironia.
“Concentrati!”
Rosalina si era voltata verso di lei per rispondere e probabilmente avrebbe dovuto dar ascolto al suo stesso consiglio, perché Gries stava aprendo la bocca ed era chiaro che stesse per tirar fuori un altro asso dalla manica – o in questo caso, dalla boccaccia.
Juliet lo vide in tempo e percorse gli ultimi due metri che la separavano dalla compagna per darle una possente spinta ed evitare che venisse colpita dal getto uscito dalla bocca del sindaco. Era un liquido scuro… le finirono alcune gocce sulla gamba sinistra. Era bollente!
Purtroppo per la numero 36, in quello slancio d’altruismo si era esposta fin troppo al nemico e non riuscì ad evitare il tentacolo la cui lama in punta riuscì a colpirla al collo. Un taglio netto.
Juliet portò entrambe le mani alla parte lesa, stringendo forte per tentare di bloccare l’emorragia; e dopo esser caduta a terra cercò con lo sguardo la compagna, per sapere se almeno ne fosse valsa la pena.
Era sparita.
Proprio come coi primi Yoma, non riusciva più a vederla. Sentiva la sua presenza, ma non la vedeva.
L’unica cosa che riusciva a vedere era il Risvegliato che si ergeva come un’enorme ombra ai suoi piedi, minaccioso e infausto in tutta la sua potenza demoniaca. Una volta i suoi genitori le avevano raccontato che da piccolissima avesse il terrore delle ombre, e che aveva un incubo ricorrente in cui un’ombra la inseguiva. Che strano… Forse era una specie di sogno premonitore, un omen per il futuro.
Sentendo il sangue continuare a scorrere, Juliet chiuse gli occhi… e quando li riaprì, Gries si era fatto più piccolino. No… era lei ad essersi allontanata?
“Rigenerati. A lui ci penso io, e che non ti venga in mente di fare un’altra cazzata” ringhiò una voce familiare vicino al suo orecchio. Non poteva voltarsi, ma percepì i suoi lunghi capelli sfiorarle il viso. “Se vuoi morire puoi dirmelo e basta, ti accontenterò subito. Non c’è gloria nella morte… stupida.”
Rosalina l’aveva portata accanto alla porta della sala, lontano dal Risvegliato. Non riuscì a capire da dove fosse sbucata precisamente, ma non era il caso di soffermarcisi in quel momento: sentiva di essere sul punto di perdere conoscenza, e se fosse successo sarebbe morta sul serio.
Il pensiero la mandò nel panico.
No, no, andava tutto bene. Doveva solo concentrarsi, respirare e concentrarsi. Respirare… sì, ci riusciva! Che cazzo, almeno la lama non le era finita in trachea. Bene, doveva concentrarsi, chiudere gli occhi… Sicuramente Rosalina se la sarebbe cavata, ne era sicura. Cioè, ci sperava.

Quando riaprì gli occhi la battaglia non era ancora finita. Quindi non era passato molto tempo… Peccato che non ci fossero finestre là dentro, aveva davvero perso la concezione del tempo. La faceva uscire pazza.
Rispetto a prima la scena era leggermente cambiata: il pavimento era perlopiù scuro, ricoperto da quello schifo bollente sputato dal mostro. Gries sembrava avere il fiatone e Rosalina gli stava camminando intorno. Ora che ci pensava, la sua uniforme era ancora pulita… eppure era abbastanza certa che la compagna fosse stata colpita almeno in minima parte, prima, quando l’aveva spinta via dal primo getto.
A Juliet venne spontaneo guardare le macchie sulla sua uniforme, e le toccò con le dita. Sembrava… olio?
Gries si gonfiò tutto, come in preda alla rabbia, e cominciò a colpire alla cieca. Rosalina evitò l’ennesimo getto e una trentina di tentacoli assieme e con un paio di salti all’indietro si fece più vicina a Juliet.
“Sei sveglia? Allora guarda bene, novellina”
La vide sparire, un’altra volta. Il momento prima era lì e il momento dopo non c’era più, come se non ci fosse mai stata. Ma a differenza di prima, adesso Juliet aveva una visuale completa sulla battaglia e riuscì a vedere la compagna sbucare dalle spalle del mostro – al lato opposto rispetto al punto in cui era sparita.
Doveva essere la sua abilità speciale. Juliet sapeva che tutte le guerriere di grado più o meno alto ne avessero una. Però non riusciva a capire cosa fosse… Forse la super velocità?
Rosalina si arrampicò sul corpo di Gries e, dopo avergli messo un piede in testa, saltò giù in maniera elegante evitando i suoi tentacoli. Una volta a terra lo guardò dal basso, sorrise e… prese fuoco.
Juliet scattò in piedi istintivamente, pensando che fosse stato Gries; quest’ultimo, tuttavia, iniziò a gridare come un pazzo. Il suo corpo si mosse all’indietro, allontanandosi dalla numero 11, i tentacoli si contorcevano a velocità raddoppiata e sembravano attenti a non toccare assolutamente nulla – neanche a toccarsi tra loro. Sembrava impaurito, ma da cosa? Dal fuoco? Rosalina non l’aveva mica toccato, e se anche l’avesse fatto lui avrebbe sempre potuto rigenerarsi…
A meno che la pozza in cui poggiava… Il liquido che ricopriva il pavimento della sala…
“Sembra che non dovrò neanche sporcarmi le mani, alla fine” La voce della piccoletta destò Juliet dai suoi pensieri e se la ritrovò accanto. Sembrava essere riapparsa dal corridoio e stringeva due torce tra le mani, un sorrisetto orgoglioso stampato in faccia. La guerriera non aveva neanche sentito la sua presenza allontanarsi.
“Tu…!”
“Ti è caduta la mascella per terra, Juliet… Raccoglila, perché devi ancora guardare i fuochi d’artificio finali”
Detto questo Rosalina fece qualche passo avanti, mentre la furia di Gries ancora impazzava al centro della sala; e come se fosse il gesto più naturale del mondo lasciò cadere le torce su un punto in cui una linea, formata dal liquido sputato dal Risvegliato, si congiungeva alla grande pozza del centro.
In un istante l’intera stanza si illuminò e l’enorme Yoma prese fuoco, il colore scuro del suo corpo che soccombeva alla magnificenza dell’elemento naturale delle fiamme. Quello che prima aveva la forma di un’ombra adesso era come una fonte di luce.
“Si chiama Illusione” disse Rosalina con tono solenne, scandendo ogni parola. Poi si voltò a guardare la compagna; la pelle del suo viso non aveva neanche una cicatrice, e la luce del fuoco riflessa nei suoi occhi dorati scatenò in Juliet un timore ancestrale. “Spaventosa, non è così? Finché sei nel mio raggio d’azione, posso farti vedere quello che voglio… Posso farti credere quello che voglio… E di conseguenza, posso farti quello che voglio…” Sembrava una sirena intenta ad ammaliare una preda. Juliet realizzò di avere difficoltà a distogliere lo sguardo.
Ma dovette farlo presto perché Gries, lacerato dal dolore, aveva preso a scavare nel pavimento coi tentacoli e il terreno sotto i loro piedi stava iniziando a cedere…
Le guerriere fecero qualche passo indietro e videro la voragine sotto i piedi del Risvegliato aprirsi ed inghiottirlo con sé – ovvero al piano di sotto, i tentacoli che avevano cercato invano di aggrapparsi a qualcosa andarono giù con lui.
Dopo essersi sporta a guardare giù Rosalina appoggiò la mano aperta alla fronte e fece un fischio.
“Ma guarda un po’ che fortuna, è finito nelle prigioni”
L’incendio si stava espandendo rapidamente, tanto che le guerriere stesse avrebbero dovuto levare le tende al più presto per non rimetterci la pelle.
“I servi!” esclamò Juliet, ricordandosene improvvisamente. “Ci sono degli umani qui, dobbiamo farli uscire o saranno cazzi”
Rosalina sospirò, non troppo entusiasta del linguaggio della compagna. “Non preoccuparti per quelli. Và a far uscire i servi, io finisco la mia opera e alla fine passerò a controllare il signor sindaco, anche se a giudicare dai rantoli non ci metterà molto a schiattare. Distruggiamo questa baracca e andiamocene”

Facendo il giro dell’edificio per assicurarsi che non ci fossero altre persone da tirar fuori prima che cascasse a pezzi, le guerriere avevano trovato le cosiddette “cucine”. La numero 36 si allontanò bruscamente non appena vide la quantità di sangue umano presente, prima che i flashback tornassero a toglierle il sonno e a rovinarle l’umore di nuovo.
Il viaggio di ritorno fu silenzioso all’inizio, ma solo perché Juliet non ci mise molto a prendere la parola. Rosalina sembrava di nuovo arrabbiata e lei non ce la faceva mentalmente a tener traccia di tutti i suoi arbitrari cambi d’umore.
Era quasi divertente vederle camminare fianco a fianco, una con l’uniforme strappata in più punti e macchiata di sangue e l’altra completamente immacolata (a parte due taglietti), con persino i capelli in perfetto ordine.
“Sei arrabbiata con me?”
La piccoletta fece una smorfia: “E’ solo che non ti capisco.”
Juliet batté le palpebre un paio di volte, confusa. “…Eh?” Lei non la capiva? Questa era buona. A differenza di qualcuno, almeno la numero 36 non aveva cento cambi d’umore al secondo.
Rosalina rimase in silenzio per una trentina di secondi ma alla fine rispose, riluttante. “Ti sei buttata come un’idiota per salvare una me che non era neanche la vera me, e ci sei quasi rimasta secca”
Cosa? Ma era impazzita? “Non avevo idea che non fosse la vera te, come avrei potuto saperlo? Non mi hai detto niente!” Senza volerlo aveva alzato un po’ la voce, ma la ragazzina non sembrò badarci molto e continuò a guardare avanti a sé.
“Se anche fossi stata io non avrebbe avuto senso comunque, chi è che rischia la vita per qualcuno che conosce appena?”
“Chi è che…!” Juliet si schiaffò una mano in fronte e boccheggiò, trovandosi in seria difficoltà nel formare una frase coerente. Inspirò profondamente per cercare di calmarsi e cercò di tenere gli occhi al cielo come distrazione. “…Io.” La piccoletta la guardò con la coda dell’occhio. “Non dovrei farlo? Mi viene naturale. Perché? Perché in quest’inferno ci stiamo insieme, solo noi e quelle come noi. Se non ci aiutiamo tra noi…” La sua voce si abbassò di tono fino ad incrinarsi.
Adesso Rosalina la stava proprio fissando, col suo solito fare da “ti scavo nell’anima”. La sua espressione era indecifrabile: all’inizio sembrava voler capire se Juliet fosse sincera o meno, le sopracciglia leggermente aggrottate; poi sembrò rilassarsi e annuì tra sé, riprendendo a guardare la strada, e alla fine si distese in un sorriso abbozzato, da cui stranamente non traspariva alcuna malizia.
“Quindi vorresti dirmi che non ti sto sulle scatole?” le chiese la piccoletta, dandole una gomitata nel fianco giocosamente.
Juliet fece spallucce. “Eh… Non è che abbia molte amiche al momento. La mia spassosissima personalità e il mio enorme carisma servono a poco quando diventi una guerriera graduata e le uniche facce che vedi sono quelle brutte degli Yoma”
Rosalina scoppiò in una risata cristallina, genuinamente divertita.
“Beh, in questi giorni sei stata fortunata! Hai visto qualche brutta faccia, ma la mia bellezza le ha oscurate tutte. Non sei d’accordo?”
La numero 36 ridacchiò e si schiarì la voce. “Sei simpatica quando non ci sono Yoma in giro. E quando non ti incazzi perché la tua compagna di missione non è abbastanza in alto in classifica”
La ragazzina incrociò le braccia al petto. “Che posso dire… Sul posto di lavoro mi piace mantenere la serietà. Riguardo l’altra cosa…” Rosalina sospirò. “E’ che in questo periodo tendo ad essere suscettibile perché i superiori ce l’hanno con me e mi stanno negando il posto che merito. Ho sviluppato la mia Illusione tutta da sola, allenandomi giorno e notte. Ce l’ho da un anno e continuo a migliorare. Io SO di avere le capacità di una cifra singola… Ma ho un caratteraccio e do troppe noie al mio responsabile, e loro mi puniscono così”
Era incredibile il progresso che aveva fatto con Rosalina. A inizio missione quasi non la sopportava, e ora eccole lì che si confidavano come due amiche.
“E comunque perché non moderi il linguaggio? Stai parlando con una ragazza, novellina”
“E le parolacce che dici tu non le conti? Ne hai detta una forte e chiara, dopo avermi salvato da Gries”
La numero 11 sbuffò e cominciò a camminare più veloce. Juliet continuò col suo passo, ma sorrise.

Arrivate al Quartier Generale, dopo aver fatto rapporto ai rispettivi responsabili era ora di salutarsi. Rosalina sembrava di ottimo umore, specialmente dopo aver parlato col suo… com’è che si chiamava? Ioseph.
“Hai l’aria di chi è appena entrata nelle prime dieci. Adesso avrai un nome altisonante del tipo Rosalina dell’Illusione?”, la stuzzicò Juliet appena la vide uscire dalla stanza, la spalla destra appoggiata al muro con fare rilassato.
La piccoletta sorrise, raggiante. “Non mi è ancora stato comunicato il grado… Ma sì, pare che stavolta ci sia dentro per davvero.” Allungò la mano per sfiorare il braccio della più alta in segno di congedo e le diede le spalle, prendendo la sua strada. Si fermò dopo un paio di metri e la guardò un’ultima volta, facendole l’occhiolino. “E comunque… tu puoi chiamarmi semplicemente Rosa”
Juliet alzò gli occhi al cielo, guardandola allontanarsi. Forse le cifre singole non erano così antipatiche, alla fine.
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