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[In Missione] Scheda di Seayne (Nardo)
22-07-2017, 04:29 PM
Messaggio: #18
RE: [In Missione] Scheda di Seayne (Nardo)
CAPITOLO XVII: LA BEFANA

Seayne ritornò al suo territorio di competenza, ovvero i monti circostanti il “Lago delle Streghe” nelle Terre Centrali, sotto l’autorità del Clero di Rabona, con l’ordine di controllare una segnalazione per la possibile presenza di yoma nei dintorni. Dopo una veloce ispezione al suo rifugio, giusto per sincerarsi che non fosse stato scoperto o occupato da un orso o altri animali selvatici, la guerriera albina si mise in caccia.
La segnalazione si rivelò corretta: Seayne infatti sorprese in una radura tre yoma, uno dei quali più grosso degli altri, intenti a banchettare con dei poveri resti. La Numero 12 non ci mise molto a sbarazzarsi di loro anche se riportò una ferita di poco conto al fianco destro (?).
A quel punto, dalla boscaglia, sbucarono alcune guardie di Rabona, le quali sembravano ritenerla responsabile di qualcosa che stava accadendo in zona. D’istinto Seayne arretrò da loro e questo venne apparentemente scambiato come un indizio di colpevolezza, il che portò il capo di quegli uomini a ordinare loro di catturare la guerriera albina. Quest’ultima, constatato che i suoi avversari non avevano con loro delle armi da lancio, decise di sfruttare la sua agilità e velocità superiori per schivare gli assalti di quella marmaglia, limitandosi a farli inciampare o mandandoli a cacciare farfalle, finché la Numero 12 riuscì a sottrarsi all’accerchiamento, ritornando nella radura mentre metteva un po’ di spazio tra lei e le guardie.
A quel punto, convinta di aver dimostrato a quegli uomini di essere perfettamente in grado di sfuggirgli anche se ferita, Seayne si rivolse a loro, dichiarando apertamente le ragioni della sua presenza in quei luoghi, sostenendo di esserci appena arrivata e indicando i cadaveri degli yoma come prova della sua buona fede. A ulteriore dimostrazione di buona volontà e di non aver nulla da nascondere, la guerriera albina si offrì volontariamente per accompagnare quegli uomini nella loro ricerca o, in alternativa, di farsi accompagnare da loro fino alla conclusione della sua perlustrazione, rimarcando alla fine di conoscere e rispettare il dio di Rabona, anche se lei professava un’altra fede.
Il capo di quel plotone, un giovanotto di nome Ashton, dopo averci riflettuto, concesse a Seayne il beneficio del dubbio e le propose di seguire lui e i suoi uomini fino al villaggio più vicino per spiegare le sue azioni ai suoi superiori, dandole prova del fatto che la guerriera albina non sarebbe stata soggetta a nessuna costrizione. Ancora dubbiosa nei confronti degli uomini di Rabona e memore di quanto accadutole a Trem in passato, Seayne accettò a patto che le venisse concesso prima di guarire la sua ferita: se si fosse giunti a uno scontro, Seayne voleva essere in perfetta forma. Nonostante i mugugni dei suoi soldati, Ashton le concesse di sanare la ferita, mandando avanti gli altri uomini affinché non venissero disturbati da quello che tutti consideravano un atto di stregoneria. Una volta finito, Seayne si mise al passo con Ashton, dirigendosi con lui verso il villaggio.
Durante la marcia, la guerriera albina e il soldato di Rabona iniziarono a chiacchierare, probabilmente entrambi con l’intento iniziale di cavarsi informazioni l’una con l’altro ma, poco per volta, iniziarono a conoscersi e a confidarsi dettagli un po’ più… privati durante il cammino. Seayne finì per scoprire non solo che Ashton era nato a Pieta, ma che aveva anche sentito parlare del massacro del suo villaggio di cui lei era l’unica sopravvissuta. Inoltre, il suo accompagnatore non era un uomo delle milizie della città santa, bensì era stato da queste ingaggiato e inquadrato nei suoi ranghi. A riprova di questo fatto Seayne era convinta di averlo udito, in almeno un’occasione, invocare le dee gemelle anziché il dio di Rabona. Tornando poi ad argomenti meno frivoli, Seayne apprese con sorpresa che Rabona e l’Organizzazione avevano iniziato a dialogare tra di loro cercando di stipulare un accordo tra le parti; inoltre apprese che la loro destinazione era il villaggio di Salt Lake, laddove si stava preparando una festa per celebrare una ricorrenza e che avrebbe dovuto presentarsi al cospetto della massima autorità religiosa della zona: il Vescovo Elros.
Costui le venne descritto da Ashton come un uomo tutto d’un pezzo, carismatico e dalle profonde convinzioni religiose, fino addirittura a citare una diceria secondo la quale, anni prima, il prelato avesse sconfitto un demone grazie alla forza della sua fede. Seayne era fortemente dubbiosa riguardo a quest’ultimo punto e temeva, vista la descrizione che le era stata fatta, di ritrovarsi davanti a uno zelota della peggior specie, come quelli che l’avevano condannata al suo processo. Tuttavia aveva dato la sua parola ad Ashton e non intendeva rimangiarsela, forse anche per timore che venisse fatto del male a quell’uomo per colpa sua e quindi, mantenendo i suoi sensi all’erta, la guerriera si fece forza ed entrò a Salt Lake, mentre il suo accompagnatore accelerava il passo, forse per non essere visto entrare assieme a una strega: certe abitudini erano dure a morire.
Il villaggio era piccolo ma comunque accogliente, tra i tetti delle case vi erano appesi filamenti e festoni ma molti di quelli parevano rotti o erano stati strappati da qualcuno a cui, molto probabilmente, quella festa non andava a genio. Il percorso era illuminato da numerose fiaccole che conducevano al centro della piazza cittadina: lì vi era una folla gremita di persone e al centro, seduto su di uno scranno dorato, il Vescovo Elros. Tutti gli occhi erano puntati su di lei ma nessuno proferì parola; la tensione poteva essere tagliata con un coltello mentre Seayne, che disprezzava tutta quell’ostentazione e i cui ricordi di Trem tornarono in superficie, faceva appello alla Grande Stella del Nord e ricorreva ai suoi esercizi respiratori mentre si dirigeva al cospetto del prelato, senza rinunciare a guardarsi attorno cercando una via di fuga. Giunta davanti al prelato, la guerriera albina si genuflesse davanti a lui, salutandolo col titolo che gli era dovuto.
Non appena il Vescovo Elros aprì bocca però, tutte le speranze di Seayne di poter avere una discussione magari difficile, ma franca e onesta se ne andarono, per così dire, al creatore, confermando i timori della Numero 12 di aver a che fare con uno zelota della peggior specie. Gli epiteti e le allusioni che Elros le lanciò contro scivolarono sulla guerriera albina come gocce di pioggia su un vetro, così come la raccomandazione agli uomini di picchiare le loro donne a causa della loro malizia: certo, la cosa le dava fastidio ma, in fondo, non erano affari suoi. Diverso era invece il discorso che riguardava Ashton: per un uomo che lavorava per le milizie di Rabona anche se, forse, non ne seguiva la religione, fidarsi di una Strega dagli occhi d’argento doveva aver presentato uno sforzo… di volontà non da poco. Per questo considerava le punzecchiature che il Vescovo rivolse ad Ashton per essersi fatto secondo lui, ammaliare dalla Numero 12 ingiuste perciò, dopo essersi rialzata lentamente in piedi e aver incrociato le braccia al petto, sempre con espressione calma e voce mite ma ferma, si rivolse nuovamente a Elros, replicando all’accusa rivolte a lei e al suo accompagnatore raccontando la verità dei fatti.
Tutto fu inutile, il Vescovo sembrava non aver nessuna intenzione di recedere dalle sue convinzioni, al punto che Seayne, stanca di quella situazione, stava per girare i tacchi e andarsene, quando Elros iniziò ad arringare la folla raccolta attorno alla piazza, accusandoli di festeggiare una ricorrenza pagana a causa della presenza della mezza demone e degli yoma da lei uccisi sulle montagne e Seayne, più per curiosità che per altro, rinunciò per il momento alla sua idea: voleva vedere se qualcuno avesse avuto il coraggio di replicare al Vescovo. Sorprendentemente una donna, unica tra tutti, tentò timidamente di discolpare il villaggio asserendo che non vi era nulla di blasfemo nella festa che stavano celebrando, ma nemmeno quest’atto sembrò scalfire la corazza del Vescovo ma, a quel punto, in sua difesa intervenne… Ashton!
Il giovane parlò con passione, appellandosi a una certa Santa sofia della quale, evidentemente, il Vescovo Elros doveva essere un devoto, difendendo poi con la forza della logica tanto i villici quanto Seayne, rammentando al prelato che la festa traeva origine da un fenomeno naturale e il dialogo in corso con l’Organizzazione sottolineando l’opportunità di cambiare opinione nei confronti di chi apparteneva alla stessa, come Seayne. Le labbra della guerriera albina si dischiusero in un lieve sorriso: senza saperlo o, forse sì, Ashton si era appellato al suo senso dell’onore e, in un certo senso, si poteva dire che la Numero 12 era contenta che l’avesse fatto. Dopo quanto visto e sentito, Seayne proprio non se la sentiva di abbandonare quelle persone alla mercé del Vescovo Elros. Decise di rimanere e di non parlare contro il prelato, non ancora almeno, lasciando che il dibattito facesse il suo corso, tuttavia la guerriera albina si sentiva in dovere di ringraziare Ashton per le sue parole nei suoi confronti.
Risentito dal fatto che fosse stata citata la santa alla quale era devoto, Elros rincarò la dose contro i villici e, soprattutto, contro Seayne e la donna ce aveva osato parlare poi, all’improvviso, un tuono, un suono metallico, la campana; suoni assordanti che piegarono tutti sulle loro ginocchia, con le mani sulle orecchie, per non diventare sordi mentre, sulla cima della chiesa, comparve lella prima luce dell’alba una figura con quelle che parevano essere un paio di ali e dei capelli biondi accarezzati dal vento. La figura dichiarò di essere nientemeno che la dea Teresa, rivendicando a sé il patrocinio della festa che veniva celebrata per festeggiare il salvataggio di una bambina grazie al suo intervento divino, ammonendo infine il Vescovo Elros di ravvedersi, prima di richiudere le ali e sparire dalla vista di tutti.
Ora, Seayne era una donna di fede, però riteneva che gli dei avessero cose più importanti da fare che dirimere una, per loro, scaramuccia tra villici. Volendo vederci chiaro in quella faccenda, la numero 12 concentrò la sua percezione dello yoki nella direzione dell’apparizione sperando, nel caso in cui essa fosse stata una creatura che emanava energia demoniaca, di percepirla per cercare di seguirne le tracce, per poi tentare di raggiungere la supposta dea, cercando di sfruttare gli edifici e il loro elementi architettonici come trampolini. Nella migliore delle ipotesi, Seayne riteneva di aver assistito a un’elaborata messinscena.
La Percezione della guerriera albina non rivelò nulla ma, mentre la misteriosa ragazza correva verso Est, cercando di confondere la sua figura nella luce dell’alba, la figura si voltò lasciando intravvedere qualche ciuffo biondo e degli occhi indubbiamente argentei come quelli di una guerriera, per poi rinchiudersi in sé con il suo mantello a cinghie di cuoio che effettivamente ricordavano parecchio un paio di ali. Tormentata dai dubbi sul da farsi in quella situazione, alla fine Seayne decise di cercare di raggiungere la misteriosa mezza demone, incrementando lo yoki per cercare di accorciare le distanze con la fuggitiva nel più breve tempo possibile.
La misteriosa ragazza puntava evidentemente a infilarsi in un bosco vicino ma Seayne recuperò il terreno ma, quando stava per essere raggiunta, la ragazza scartò improvvisamente, mandando lunga la Numero 12 la quale però non si perse d’animo e, prima che l’avversaria riuscisse a seminarla
Con la velocità garantitale dal massiccio rilascio di energia demoniaca, Seayne riuscì in breve ad accorciare la distanza con la misteriosa “Teresa”, la quale però si dimostrò pure molto agile. La Numero 12 era infatti quasi riuscita ad acchiapparla prima che questa potesse raggiungere la foresta, quando l’avversaria scartò improvvisamente sulla destra, mandandola lunga, ma Seayne riuscì a recuperare e, nel dubbio se chi aveva di fronte fosse umana o meno, optò per cercare di fermarla colpendola di piatto alle gambe con la sua claymore. La manovra riuscì anche oltre le aspettative e la ragazza si accasciò a terra con le gambe fratturate, inveendo contro la guerriera albina.
Le due mezze demoni battibeccarono a lungo sulla sceneggiata messa in atto dalla misteriosa “Teresa”, per quello che sarebbe successo al villaggio se la verità fosse venuta a galla, addirittura su quello che sarebbe successo ad Ashton se Seayne non fosse tornata presto indietro ma, alla fine, quando sembrava che alcuni uomini del villaggio si stessero avvicinando, la guerriera albina si lasciò convincere dall’avversaria a lasciare le cose così come stavano, lasciandola libera mentre lei si incamminava in direzione degli uomini che, effettivamente, stavano arrivando. Prima di andarsene, la misteriosa mezza demone la salutò rivelandole il suo nome e il suo titolo: “Caterina, lo Yoki Fantasma” e, dl modo in cui balzò via, c’era da scommettere che, mentre battibeccava con Seayne, Caterina avesse rilasciato lo yoki per curarsi almeno in parte anche se, ancora una volta, la Percezione della Numero 12 non aveva rilevato nulla.
Quando raggiunse il drappello di uomini, Seayne si sorprese di vederne a capo nuovamente Ashton il quale, come prima cosa, le chiese notizie di “Teresa”. Quando Seayne rispose di averla vista dissolversi nella luce dell’alba, lui fu l’unico a sembrare dubbioso, mentre gli altri uomini sembravano felici. Prima che Seayne facesse domande, fu Ashton stesso a spiegarle di esserle venuto incontro perché era preoccupato per lei e che l’apparizione di “Teresa” al villaggio era stata interpretata come un buon auspicio e che, da quel giorno, la festa a Salt Lake sarebbe stata dedicata alla dea alata. Ashton le chiese poi se volesse tornare al villaggio e, quando Seayne accettò, lui le fece strada, accelerando poi il passo per lasciare indietro gli altri uomini, manifestando l’intenzione di parlarle. Tuttavia, all’inizio, Ashton si perse in chiacchere, raccontandole la vera leggenda che aveva dato origine alla festa di Salt Lake ma, in linea di massima, dando l’impressione di perdere tempo finché alla fine, frustrata, Seayne gli chiese di parlare chiaro.
Fu allora che Ashton rivelò che, mesi addietro, si era preso cura di un uomo ferito che aveva trovato poco lontano da Rabona e che i due fecero parecchia strada insieme passando, guarda caso, attraverso gli stessi luoghi che Seayne aveva attraversato nel corso delle sue avventure e che era stato quello stesso uomo a parlargli di lei e che, il nome di quell’uomo era… Stephan!
Seayne venne per qualche momento sopraffatta da un turbinio di emozioni ma soprattutto gioia nel sapere che il suo amato era ancora vivo e dolore nel capire che loro due nel tempo erano praticamente giunti a un passo l’una dall’altro, ma senza incontrarsi mai. Seayne raccontò ad Ashton la loro storia, dal loro primo incontro fino alla sua cattura e al processo che aveva subito a Rabona, fino alla rocambolesca fuga dalla città santa, affermando che Stephan era caduto dal carro durante la fuga e tacendo però il particolare che era stato Araldus a buttarlo giù.
Con i sentimenti in subbuglio, Seayne non si accorse dei sentimenti che, forse, anche Ashton sembrava provare per lei ma, quand’anche se ne fosse accorta, nel cuore della guerriera non vi era posto per un altro uomo che non fosse Stephan e così, con un filo di speranza, Seayne chiese all’uomo di Rabona se sapesse dove si fosse diretto l’uomo che amava dopo che i due si erano separati e, corretto fino in fondo, Ashton le rispose che Stephan si sarebbe diretto a Scamen e, a quella rivelazione, Seayne gioì dentro di se: Stephan stava tornando a casa!
Alla fine, Seayne prese congedo da Ashton e ritornò nel suo rifugio tra i monti, dove trovò ad attenderla Hughes, l’uomo in nero che le aveva affidato l’incarico. Senza perdere tempo, la Numero 12 presentò il suo rapporto, asserendo che la finta “Teresa” era riuscita a sfuggirle grazie alla sua peculiarità e dimenticandosi di accennare alla devozione del Vescovo Elros per la santa Sofia in quanto non lo aveva ritenuto un particolare importante nello sviluppo della vicenda. Il superiore sembrò apprezzare il rapporto e il comportamento tenuto da Seayne nella vicenda e sembrò non preoccuparsi troppo della presenza di Caterina, ritenendo che, vistasi scoperta, probabilmente se ne sarebbe andata, cosa che però Seayne non credeva, viste le peculiarità della ragazza.
Ma fu alla fine, quando l’uomo in nero stava per andarsene che Seayne, non volendo compiere atti che potessero farla apparire come una disertrice e pur aspettandosi un rifiuto, chiese apertamente il permesso di recarsi a Scramen con l’unico scopo di dire addio a una persona a lei cara… Stranamente Hughes, pur non rispondendo in maniera affermativa, non le disse neppure di no, lasciando una flebile speranza alla guerriera albina.

I am the one, the only one! I am the god of kingdom come! Gimme the prize!
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