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TEST La Piccola Oasi [Sigryd]
11-10-2015, 08:48 PM (Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 11-10-2015 08:49 PM da Sigryd.)
Messaggio: #2
RE: La Piccola Oasi [Sigryd]

Seduta a terra in un piccolo spazio dell’area per gli addestramenti che si era ritagliata tutto per sé, Astrid si preparava alla sua prima sessione di allenamento del giorno. In particolare – per qualche ragione chiara forse solo a lei – in quel momento se ne stava con la gamba destra leggermente piegata ed entrambe le mani tese ad afferrare la caviglia in fondo ad essa, mentre la gamba sinistra veniva fatta passare sotto l’altra, approfittando del fatto che si trovasse staccata da terra. Improvvisamente, però, un’enorme ombra arrivata da dietro le sue spalle ricadde sul suo piccolo spazio personale, ostacolandole non tanto la visibilità quanto la serenità. Sospirò in modo perfettamente udibile, seccata.
 
Ehi, mi copri il sole, amic- 
 
La voce roca e laconica della novizia venne smorzata di colpo non appena la ragazza voltò il capo in direzione della fastidiosa fonte di tutta quell’ombra: inaspettatamente, non si trattava di qualche altra aspirante Guerriera, bensì di Gaul – uno degli allenatori. O l’orso gigante senza cervello, come preferiva chiamarlo lei. Inarcò le sopracciglia mentre sul suo viso comparve un’espressione imbarazzata, tanto da farle spostare rapidamente lo sguardo altrove. Non era sveglio, Gaul, ma se la cavava piuttosto bene con le mani. E l’ultima cosa che Astrid avrebbe voluto prima di iniziare quell’addestramento era una bella razione di strattonate e affini.
 
Scimmietta! Lascia perdere la claymore da allenamento e vieni con me! La signora Semirhage vuole vederti!
 
Così aveva tuonato l’uomo nemmeno un secondo dopo che Astrid si era voltata, spazzando via le sue istintive paure di beccarsi una bella strigliata a suon di pugni. Tutto ciò che restava ora alla ragazza non era che una certa confusione mentale: c’era qualcosa in quell’ordine che la lasciava interdetta, bloccata. No, non era il fatto che Gaul l’avesse chiamata “scimmietta”. Sicuramente non gradiva e in altre occasioni avrebbe palesato senza dubbio alcuno il suo disprezzo per quel nomignolo rivoltole, ma questa volta c’era dell’altro. Senza pensare aveva lasciato la sua claymore da allenamento a terra, esattamente dove si trovava poco prima che Gaul arrivasse – nell’area vicino al suo fianco sinistro – e si era alzata, facendo leva con le braccia a terra. Passo dopo passo, lasciando che l’omaccione le facesse strada, era sempre più chiaro come lo sguardo di Astrid fosse assente, come il suo intero muoversi fosse quasi inconsapevole. La sua mente non era sul tragitto o sulle spalle massicce di Gaul, perché lei stava pensando a Semirhage. Un nome e una leggenda tra le novizie! Aveva sentito più volte parlare di lei, a volte solo sussurri eccitati di qualche novizia convinta di avere in bocca qualche informazione unica, a volte in discorsi tronfi di qualche altra aspirante guerriera che cercava di sminuire quella leggenda, come ad elevarsi sopra di essa. Di suo, Astrid non era nemmeno certa dell’esistenza di questo personaggio tanto misterioso, il cui nome aleggiava come uno spettro per cui non si poteva che provare un certo sacro timore.
 
Chinò lo sguardo, finendo per osservarsi la punta dei piedi, nudi e bianchi. Una vita ad addestrarsi sentendo pettegolezzi sulla figura di Semirhage e alla fine avrebbe dovuto incontrarla così, con addosso quella tuta così sguarnita ed essenziale da farla sembrare così indifesa, senza armatura o spada che ne certificassero il valore. Si sentiva nuda come un verme. Portò gli occhi al cielo e sospirò ancora, questa volta meno rumorosamente. Qualche secondo dopo, Gaul si arrestò improvvisamente, davanti ad una porta. Curiosamente quell’atto così banale la spinse a ritornare coi piedi per terra, facendole riacquisire una certa lucidità: dove si trovava? Com’era arrivata lì? Presa com’era dall’emozione e dai pensieri non aveva prestato molta attenzione al tragitto fatto e per questo non riusciva a desumere nemmeno in che area del Quartier Generale si trovasse. Cercò di ricordare, osservando il corridoio alle sue spalle. Gaul bussò contro la porta davanti ai due con un’inaspettata dolcezza. Lasciò decadere i suoi collegamenti mentali e rivolse al corridoio un’ultima occhiata piena di disprezzo. Ora aveva ben altro a cui pensare.
 
Una voce dall’interno rispose e Astrid ripercorse quel ricordo lungo qualche frazione di secondo più volte in preda alla curiosità. Semirhage alta e splendida, Semirhage bassa e mostruosa. Semirhage la guerriera, Semirhage l’unica donna tra gli “uomini in nero” dell’Organizzazione. Chi era realmente Semirhage? Una mano che avrebbe dovuto ben conoscere – se non altro per la grazia - la spinse dentro la stanza, una volta aperta la porta.
 
Quanta gentilezza!
 
Altrettanto curiosamente, la prima cosa che fece Astrid una volta varcata la soglia che avrebbe tanto voluto oltrepassare fu proprio voltarsi appena per un’ultima volta verso Gaul, rivolgendogli quel commento che non lasciava possibilità di fraintendimento: l’entrata, fatta in quel modo, non le era proprio piaciuta. Si passò le mani un paio di volte dal torace all’addome, come a darsi una pulita alla tuta, compiendo dei gesti discendenti dall’area sotto al seno ai fianchi. Quindi portò lo sguardo dritto davanti a sé e restò letteralmente senza fiato, perfino con le labbra leggermente schiuse per lo stupore: onestamente, no, non credeva di poter trovare simili arredamenti all’interno del complesso. Insomma, da novizia non aveva mai visto tanto “sfarzo”, se così poteva chiamarlo. Dormiva su una brandina in una stanza che certamente non prevedeva nulla di più che l’essenziale e i luoghi adibiti per l’addestramento non avevano che le attrezzature necessarie all’esercizio fisico. Stesso dicasi, a suo modo, per i laboratori. Erano laboratori e quello bastava! Perfino le stanze dove, come novizia, aveva potuto fare esperienza più “mentale” o intellettuale che fisica non erano certamente così personali, così “ricche”. Quella… quella era un’arpa? L’aveva vista solo sui libri, prima d’ora. Per un’istante la immaginò accanto alla sua brandina, in quella che era anche la sua stanza. Sembrò così fuori luogo…
 
Fece scorrere lo sguardo ancora oltre e fu allora che la scorse: una figura femminile dai tratti quasi angelici, divini. A furia di condividere gli spazi con un esercito di ragazzine-demone dagli occhi argentati e i capelli biondi non poteva che trovare invidiabili e meravigliosi i suoi capelli e occhi scuri. Il suo corpo era perfetto, privo di qualsiasi imperfezione – nello spettro del visibile – e la veste e gli ornamenti che indossava non facevano che contribuire al fascino di quella donna che per Astrid persisteva ad avere qualcosa di divino. La donna posò i suoi occhi neri su di lei e sorrise. Astrid sentì il suo cuore smettere di battere… o forse iniziare a farlo in modo così veloce da sembrare fermo. Non riuscì a dire nulla. Ci provò: aprì le labbra ma, niente, le parole non uscivano. Chinò il capo, andando a serrare i pugni lungo i fianchi. Si limitò ad annuire, forse con troppo entusiasmo: conosceva perfino il suo nome! Vedendo che la figura davanti a sé attendeva qualcosa, fece un ampio respiro ed iniziò a buttare fuori la tensione espirando.
 
Semirhage iniziò a diradare la nebbia del dubbio attorno al mistero circa la sua convocazione: Astrid era stata chiamata perché ritenuta pronta per divenire una Guerriera a tutti gli effetti! Alla notizia, una scossa la pervase. Semirhage, la misteriosa e ammirata Semirhage, la reputava all’altezza della prova? Si ripeté quella domanda in testa più volte prima che, con un gesto di mano, la stessa “dama in nero” distruggesse quel limbo offrendole l’ultima focaccina dolce che stava su un vassoio lì sulla scrivania che si frapponeva tra di loro. Astrid fissò il dolce per un istante. Non riusciva a capire cosa avrebbe dovuto fare per dare una giusta immagine di sé alla donna: rifiutare quell’ultimo dolce che probabilmente era stato preparato appositamente per la signora o accettarlo? Arricciò il naso nella rapida valutazione dei casi e quindi optò per allungare il braccio e prendere il dolce.

Grazie.

Non che il cibo rivestisse un’importanza prioritaria nella sua vita, - ed era così ormai da tempo -, ma quando mai le sarebbe ricapitato di mangiare un dolce di quella fattura? E poi glielo aveva offerto lei! A piccoli morsi se lo gustò tutto, cercando però di non rivelarsi né particolarmente lenta né troppo veloce. Le sembrava maleducato comportarsi in entrambe le maniere. Semirhage riprese a parlare, accennando alla famosa prova a cui Astrid sarebbe stata sottoposta: aveva a che fare con uno yoma, uno di quei mostri che aveva segnato la fine della sua vita “umana” e l’inizio della sua vita da futura Guerriera dell’Organizzazione. Un demone, uno di quelli con cui condivideva parte del sangue e alcune capacità. Una cosa che aveva faticato ad accettare e a capire, provando ovviamente un vero e proprio odio per quelle creature. La donna si fermò per fare una pausa e la ragazza, ormai sazia, non poté che restare a guardarla con una certa impazienza. Involontariamente Semirhage aveva interrotto il discorso sul più bello, tenendola sulle spine. La osservò intensamente mentre beveva da quel calice, desiderando con tutta se stessa afferrare il piano del tavolo con le mani e scaricare su quella presa la tensione del momento.
 
Terminato di bere, la donna proseguì il suo discorso, arrivando finalmente al punto: Astrid avrebbe dovuto uccidere lo yoma che stava creando tutto quel casino nell’oasi di Jazeera, ad Est. A quella notizia l’aspirante Guerriera sentì tutta la tensione svanire, tanto che gli arti le sembravano quasi pesanti. Unì le braccia al petto e chinò leggermente il capo, in riflessione. Indubbiamente l’idea di svolgere quel compito da sola le creava una certa ansia, ma al contempo non era di certo una stolta: per cosa si era addestrata tanto? Era un qualcosa che prima o poi sarebbe dovuto accadere e sapeva da principio che allora, cioè ora, le sarebbero state date solo due scelte: morire o vincere. Semirhage si alzò e vedendola in piedi Astrid non poté che provare una sorta di strana soggezione, rafforzata dalla decisione della donna di avvicinarsi. Riportata bruscamente alle sue responsabilità, rispose alla sua domanda, a modo suo.
 
Vediamo se ho ben capito. Mi dirigo ad Est, nel Deserto e a due giorni di cammino - sempre verso Est, presumo - dovrei trovare questo tizio, Haroun, e il suo accampamento.
 
Avrebbe cercato con lo sguardo quello di Semirhage, cercando conferma di quanto detto. A preoccuparla era l’idea di orientarsi nel deserto: doveva esser certa della posizione dell’accampamento e possedere quanti più riferimenti possibili. Chiarita la questione, avrebbe sospirato per poi girarsi leggermente verso Gaul, consapevole che presto si sarebbe congedata, ma senza voler dare le spalle alla donna. Vincere o morire, non c’era un’altra scelta.
 
Non ho altro da chiedere. Sono pronta.
 
E lei non sarebbe morta.
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