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[In Missione] Scheda di Seayne (Nardo)
08-10-2013, 10:39 PM (Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 25-01-2014 01:28 AM da Kelsier.)
Messaggio: #6
Scheda di Seayne [Nardo]
 CAPITOLO V: Urla,Torce e Forconi

 Pochi giorni dopo la sessione d’allenamento in arena, Seayne venne convocata da un altro supervisore, un giovane di nome Brera, per una nuova missione. L’uomo fu avaro di particolari, che le sarebbero stati forniti da un altro supervisore quando la guerriera albina avesse raggiunto il villaggio di Lore, situato nelle terre del nord. Seayne non avrebbe viaggiato da sola, una compagna sarebbe venuta con lei… Con gioia Seayne scoprì che la compagna in questione era Alicia, la guerriera che si era scontrata con lei in arena e che, alla fine, aveva dimostrato sentimenti di amicizia nei suoi confronti.Il viaggio verso nord richiese alcuni giorni di marcia, ma fu piacevole grazie alla compagnia di Alicia finché, in un mattino nuvoloso e ventoso, con la neve che scendeva fine e non disturbante e il Sole che si affacciava alto oltre le nuvole, le due guerriere arrivarono, a un crocevia vicino al villaggio, dove trovarono due figure ad attenderle. Una era indubbiamente una guerriera dell’Organizzazione: l’uniforme, l’armatura e, soprattutto, la claymore che le pendeva dalla schiena non davano adito a dubbi; portava i capelli raccolti in una coda di cavallo come Alicia, ma i suoi occhi erano duri e freddi. L’altro, un uomo, era vestito nel modo più stravagante che Seayne avesse mai visto: indossava, nonostante il freddo, solo con una camicia bianca e una giacca nera sopra, pantaloni neri e scarpe nere, più un cappello a cilindro, guanti bianchi, un bastone dal pomello d'oro, e... due strani occhialini scuri che ne nascondevano gli occhi.Quest’ultimo era il supervisore cui Brera aveva fatto accenno: il suo nome era Hayez e presentò la compagna come la Numero 23, Saphelia. L’uomo le informò che il Capo Villaggio di Lore aveva richiesto il loro intervento: molti suoi compaesani erano stati trovati nei boschi circostanti privi di budella; secondo Hayez erano un po’ troppi per pensare a un solo Yoma. Nulla di strano, perché erano state chiamate in tre. L’unica cosa che dava una certa preoccupazione era il fatto che sembrava che gli abitanti del villaggio, fosse per rabbia o solo per paura, sembrava stessero dando segni di intemperanza…Hayez non indugiò oltre in chiacchere inutili: l’obiettivo delle guerriere era, come sempre, stanare gli Yoma e farli fuori; nominò Saphelia Caposquadra, cosa logica dato il suo numero più alto tra tutte le guerriere presenti e, cosa che stupì Seayne, rivolse alla Numero 23 delle parole di incoraggiamento e di sprone a lasciarsi alle spalle le brutte esperienze e a non farsi abbattere. Poi se ne andò, lasciando le tre sole con la loro missione da compiere.Il linguaggio del corpo di Saphelia tradiva un certo disagio, tuttavia la Caposquadra cercò di mettere al loro agio le compagne, affermando di non sentirsi un capo e quindi di non trattarla come tale; Seayne replicò che allora l’avrebbe trattata come una semplice compagna, dopodiché le tre si avviarono verso il villaggio.Una volta entratevi, le tre percepirono chiaramente un forte odore di bruciato e un vociare concitato di persone; non essendoci incendi in vista, le tre si diressero verso il vociare, il che le condusse in una piazza sulla quale sorgeva la chiesa del villaggio. Una turba di persone stava vociando e inveendo contro il sacerdote e un uomo apparentemente di mezza età. Accortisi delle guerriere, la folla a poco a poco cominciò a inveire anche contro di loro e, mentre Saphelia commentava amaramente quell’accoglienza e la gente minacciava di ricorrere ai forconi per cacciarle, l’uomo di mezza età, il capo villaggio, corse loro incontro e le invitò a seguirle a casa sua. Mentre le tre si accodavano Seayne, che chiudeva la fila, temendo che uno Yoma stesse sobillando la gente, sondò la turba con la sua percezione, senza rilevare nulla.Giunte alla casa del Capo Villaggio, che si presentò come Harold, le tre rifiutarono cordialmente gli onori di casa e ascoltarono la storia dell’uomo. In un mese erano morte quindici persone, sei forestieri e nove abitanti del paese, uomini donne e bambini, di cui l’ultima, Jan il figlio del fornaio, era stato rinvenuto il giorno prima. Secondo il marito di una delle vittime, un estrattore di torba di nome Wit il quale, nonostante fosse praticamente sempre ubriaco dalla morte della moglie, aveva un gran seguito tra gli abitanti di Lore, la colpa era da attribuirsi a una famiglia di albini, la famiglia Whitby, la cui casa in paese era stata bruciata dagli abitanti esasperati e il capofamiglia Arthur, un cacciatore di animali notturni, era stato costretto a trasferirsi con la moglie Bianca e la figlia Candice in una casa nascosta nella foresta. Harold non credeva alla colpevolezza degli albini e, secondo lui, la colpa era da attribuirsi a un misterioso uomo avvolto in un mantello con cappuccio che era stato visto dal falegname del villaggio, morto poi anche lui, aggirarsi nei pressi di un luogo dov’erano state rinvenute alcune vittime.La prima idea di Saphelia fu quella di setacciare la foresta, interrogando però prima sia la famiglia Whitby sia Wit, nella speranza di ricavarne qualche indizio utile che potesse indirizzare le ricerche; Seayne si disse d’accordo proponendo di iniziare dai Whitby perché sperava che il suo aspetto albino avrebbe contribuito a ridurre i timori nei cuori della famiglia ostracizzata, mentre la sempre sorridente Alicia si dichiarava d’accordo e non vedeva l’ora di iniziare. La loro iniziativa però venne frustrata da mastro Harold.Infatti, temendo per se e per la propria famiglia, pur facendosi vedere in giro, Arthur Whitby non aveva rivelato a nessuno la locazione della sua nuova dimora e, se le guerriere volevano trovarla, avrebbero avuto bisogno di una guida tra i paesani per cercarla e, tra tutti questi, Harold indicò proprio Wit come il migliore, mostrandoglielo attraverso una finestra mentre arringava la folla e auspicando che le guerriere riuscissero nella loro missione affinché anche quell’uomo riuscisse a trovare pace.Saphelia decise di andare a parlamentare con la folla per cercare una guida, chiedendo alle due compagne di rimanere in casa per non turbare ulteriormente la gente e per non esasperarla a causa dell’aspetto albino di Seayne, scusandosi con la compagna per averlo pensato. Seayne liquidò la faccenda dichiarandosi d’accordo e affermando che lei e Alicia avrebbero tenuto d’occhio la situazione attraverso la stessa finestra dalla quale Mastro Harold aveva indicato loro Wit.Per un po’ era sembrato che tutto andasse bene… Seayne dalla finestra non riusciva a sentire quello che Saphelia, il Capo Villaggio e la folla dicevano. Certo, c’erano stati alcuni attimi concitati, soprattutto in uno scambio di battute tra Mastro Harold e Wit, ma tutto era sembrato svolgersi come era auspicabile… fino a un certo punto! Infatti, dopo uno scambio di battute tra Saphelia e Wit, quest’ultimo la prese per le braccia; la Caposquadra, forse non gradendo quel gesto, si tolse di dosso le mani dell’uomo e disse ancora qualcosa, arringando la folla… che evidentemente non prese bene quelle parole. Infatti, Seayne poté notare che la turba iniziò nuovamente a schiamazzare e, cosa che turbò Seayne non poco, iniziò a lapidare la compagna e il Capo Villaggio.Preoccupata per la piega presa dagli eventi, Seayne si precipitò fuori dalla casa, chiedendo ad Alicia di seguirla, ma quando le due arrivarono in strada, la situazione era ulteriormente degenerata. Infatti, probabilmente infuriata per il trattamento ricevuto, Saphelia era passata, per così dire, al contrattacco, picchiando tutti i paesani sui quali riusciva a mettere le mani, mentre Harold implorava le neo arrivate di fermare la furia della guerriera. Temendo che la Caposquadra potesse con la sua forza uccidere qualcuno, cosa che avrebbe comportato conseguenze nefaste per lei, Seayne zafferò Saphelia per le spalle, bloccandola, mentre ordinava ad Alicia di frapporsi tra loro e la folla la quale, comunque, se la stava dando a gambe e a Harold di cercare e proteggere Wit. Le parole urlate dalla caposquadra contro la folla, prima di calmarsi tra le braccia di Seayne, fecero intuire alla guerriera albina che, sicuramente, la sua compagna era stata provocata. Dopo alcuni momenti Saphelia si calmò e, rendendosi conto di cosa aveva fatto, si scusò con le sue compagne. Nel frattempo Mastro Harold avvisava che Wit era scappato.Cosa fare per rimediare? Seayne ebbe un’idea: annunciò a Mastro Harold che si sarebbe recata da sola a rendere omaggio alla salma del giovane Jan, chiedendogli di avvisare i suoi concittadini che lei era disposta a parlare con chiunque di loro avesse voluto veramente liberarsi dagli Yoma e promettendo solennemente, sotto la pace della chiesa, che non avrebbe fatto del male a nessuno. Saphelia e Alicia non ebbero di che obbiettare, ma entrambe sostennero la necessità di trovare un posto dal quale poterla tenere d’occhio, per essere pronte a intervenire in caso di necessità. Un rincuorato Mastro Harold si diresse così verso la chiesa, ritornandone poco dopo assieme a Padre Gerold, il loro sacerdote, che rivolse loro delle parole gentili, stranamente (almeno per Seayne) lieto per il loro intervento.Il prete le condusse dapprima in chiesa e poi in una cappella laterale dove giaceva la salma del giovane Jan, in attesa di essere preparata per il funerale e poi indicò loro uno sgabuzzino laterale, dal quale però si poteva udire tutto quel che veniva detto nella cappella, restando nascosti. Saphelia e Alicia vi si nascosero, mentre Mastro Harold andava ad avvisare la gente e Padre Gerold si ritirava.Rimasta sola, Seayne si ritrovò a fissare il volto del giovane e, mentre con una mano gli spostava una ciocca di capelli dal viso, la tensione gli giocò un brutto scherzo, facendo apparire il volto del giovane Jan simile a quello del suo amato Stephan! Una lacrima rigò il viso marmoreo della giovane, mentre realizzava quanto le mancasse il suo bell’attore ma, con uno sforzo di volontà Seayne si costrinse a concentrarsi nuovamente sulla missione.Passò molto tempo e Seayne stava per richiamare le compagne, quando la porta della cappella si aprì e apparve Wit, ubriaco come lo aveva descritto il Capo Villaggio, la cui prima preoccupazione era quella che non ci fosse la guerriera che aveva picchiato tutta quella gente poco prima. Dopo averlo rassicurato, Seayne iniziò a spiegare le sue ragioni, spiegando all’uomo che le guerriere come lei erano in grado di percepire gli Yoma se gli arrivavano sufficientemente vicine e quindi, se davvero la famiglia Whitby lo fossero stati, non ci avrebbero messo molto a capirlo e, di conseguenza, a eliminarli. Ma nonostante tutta la passione che Seayne aveva messo nelle sue parole, l’ubriacone non si fidò e le ribatté che, se le tre volevano il suo aiuto, avrebbero dovuto cercare e portargli una prova della colpevolezza degli albini, una prova che, ragionò a posteriori Seayne, non serviva a convincere lui, ma le tre guerriere: in pratica, Wit le avrebbe aiutate se le guerriere gli avessero dimostrato di essere convinte della colpevolezza dei Whitby, così come lo era lui.Al momento però, la presa di posizione da parte di Wit risultò frustrante per Seayne, la quale troncò la discussione e, dopo aver aspettato che Wit se ne andasse, raggiunse le compagne e tutte e tre assieme decisero di provare a cercare le prove suddette.Ma da dove cominciare? Le tre decisero di comune accordo di iniziare dai resti della casa dei Whitby; Padre Gerold si offrì di accompagnarle, ammonendole però che della casa rimaneva ben poco. Giunte sul luogo le guerriere scoprirono che il prete non aveva esagerato: della casa non rimaneva altro che pochi ruderi anneriti dal fumo. Seayne però non si arrese. La guerriera albina estrasse la claymore e, mettendo piede tra i ruderi, nonostante sembrava non ci fosse nulla, iniziò a sondare l’area con la percezione, spostando le macerie con la spada e chiedendo alle compagne di fare altrettanto. Le altre la imitarono e tutte e tre passarono al setaccio il luogo. Fu Alicia a scoprire qualcosa: un cardine di una finestra che emanava una debole traccia di Yoki. Le altre due guerriere si strinsero attorno per esaminare l’oggetto. Nel vedere questo Padre Gerold, anche lui convinto dell’innocenza dei Whitby e timoroso che le guerriere potessero aver invece trovato una prova del contrario, iniziò a dare segni di nervosismo e, parlando, si fece sfuggire una frase che insospettì Alicia: pressato dalle domande delle guerriere, Padre Gerold rivelò che, dopo l’incendio, il Capo Villaggio aveva dato disposizione affinché tutti gli oggetti rimasti venissero raccolti e conservati, per poterli poi restituire ai Whitby quando la faccenda fosse stata chiarita. Gli oggetti in questione erano custoditi da Mastro Harold stesso.Tutti assieme, guerriere e prete, ritornarono quindi alla casa del Capo Villaggio, ove Padre Gerold gli disse che le guerriere avevano bisogno di esaminare gli oggetti dei Whitby. Anche se non ne capiva la necessità, mastro Harold diede il suo consenso e condusse tutti nella sua soffitta, ove custodiva il baule che conteneva gli oggetti raccolti alla casa dei Whitby. Bastò aprirlo e le tre guerriere percepirono l’aura demoniaca provenire dal suo contenuto. Il che dissipò ogni dubbio residuo che le tre potevano avere nei confronti della famiglia albina… o no? Seayne confidò a Saphelia un dubbio che le frullava in testa da un po’: fidandosi ancora delle parole del Capo Villaggio, la guerriera albina ipotizzò che soltanto uno dei Whitby potesse essere uno Yoma e, visto la stanza dove avevano ritrovato il cardine contaminato e gli oggetti contenuti nel baule, i suoi sospetti convergevano sulla moglie: Bianca Whitby! Questo però poteva porre un problema: visto il numero dei morti, se lo Yoma fosse stato uno solo, significava che aveva una fame notevole, il che faceva pensare a una bestia della quale Seayne aveva sentito parlare in allenamento: uno Yoma particolarmente forte, feroce e scaltro, un Divoratore!Saphelia riconobbe che la teoria stava in piedi, ma rassicurò le compagne affermando che già due volte aveva affrontato creature simili. Il fatto che fosse là a raccontarlo rassicurò Seayne. La Caposquadra si prese qualche minuto per curarsi il lividi riportati durante la lapidazione, poi le tre guerriere decisero di recarsi da Wit per chiedere nuovamente il suo aiuto, mentre il Capo Villaggio, Mastro Harold, visto il comportamento del trio e grazie al supporto morale di Padre Gerold realizzava che i Whitby, che lui aveva sempre difeso da ogni accusa, probabilmente erano gli Yoma.Il sacerdote accettò di accompagnare le guerriere alla casa di Wit e, quando vi giunsero, il perennemente ubriaco estrattore di torba, le accolse con il boccale in mano, attendendo la loro risposta. Saphelia, forse ritenendo di non essere la persona più adatta a trattare con quell’uomo, sospinse gentilmente Seayne alle spalle, quasi a invitarla a parlare in sua vece. Stupita e inorgoglita dalla fiducia dimostratale dalla Caposquadra, la guerriera albina avanzò di un passo verso Wit ed esibì tre oggetti che aveva in precedenza prelevato dal baule, affermando che erano stati raccolti dalla casa dei Whitby e che erano impregnati dal potere degli Yoma. Loro tre erano oramai convinte che gli albini fossero i colpevoli, ma avevano bisogno di lui per trovarli.Fosse che Wit avesse creduto a Seayne, fosse che lei e le altre gli avevano dimostrato di essersi veramente impegnate, fino al ritrovamento delle prove, fosse che temeva un’altra bastonata da Saphelia, in ogni caso l’uomo finì la sua birra, rientrò in casa e ne uscì completamente vestito, facendo strada alle guerriere nel bosco, mentre Padre Gerold rimaneva in paese. Lungo la strada Seayne, nata e cresciuta nei boschi del nord, non poté non ammirare l’abilità di Wit nel destreggiarsi lungo il percorso e aguzzò lo sguardo, cercando di carpire qualche trucco dall’estrattore di torba il quale, giunto a un certo punto, fece fermare la comitiva, asserendo di voler far vedere loro una cosa. Prese da una sua bisaccia alcuni stracci di cuoio annodati e li scagliò lungo il sentiero, facendo scattare tre tagliole nascoste: trappole per animali, asserì Wit, spiegando che i suoi sospetti nei confronti dei Whitby erano stati confortati dopo che aveva visto i segni delle tagliole sul corpo del giovane Jan. Dopodiché rassicurò le guerriere sul fatto che, oramai, il terreno non permetteva più di piazzare trappole, perché di lì a poco iniziava una palude, una palude profonda nella quale gli albini avevano piazzato delle passerelle per giungere a casa loro. Dopodiché Wit si congedò da loro, affermando di attendere loro notizie in paese.Seayne si scusò con la Caposquadra perché, pur avendone avuto l’occasione, aveva tralasciato di esaminare il cadavere del giovane, subito perdonata da Saphelia. A ulteriore conferma dei sospetti sulla famiglia albina, anche le tagliole emanavano Yoki. Dopo un veloce conciliabolo sul da farsi, le tre decisero di seguire il suggerimento di Seayne la quale propose di cercare di allestire una trappola per gli Yoma, per attirarli fuori dalla loro capanna, fingendo che una di loro fosse stata presa dalle tagliole, piuttosto che attaccare allo sbaraglio un posto dove gli Yoma sarebbero stati indubbiamente in vantaggio. Saphelia si propose come “vittima sacrificale” ma Seayne, con la scusa di voler evitare ogni rischio per la caposquadra, corse nel luogo ove erano sistemate le tagliole e si ferì leggermente alle braccia, inzuppando le maniche della tuta, in modo tale da rendere più credibile l’inganno per gli Yoma,aggiungendovi l’odore del suo stesso sangue. Saphelia inizialmente non prese bene quel gesto, ma non per l’insubordinazione di Seayne ma perché animata dalla sincera volontà di proteggere le sue compagne: la stessa motivazione che aveva spinto Seayne a compiere quel gesto… Le due si chiarirono immediatamente ma Saphelia fece valere i suoi gradi di Caposquadra e rivendicò per sé il ruolo di esca; vista l’impossibilità di convincere la compagna, Seayne si strappò di dosso le maniche insanguinate e, dopo aver rigenerato i tagli, asciugò il sangue residuo col suo mantello, gettando il tutto nel punto ove si trovavano le tagliole, lo stesso punto dove si stese Saphelia, iniziando a urlare e tenendo vicino la sua claymore, mentre Seayne e Alicia si nascondevano sugli alberi.L’attesa fu lunga, ma alla fine gli sforzi delle tre guerriere furono premiati. Infatti, dalla sommità di un dosso che segnava il confine della palude tre figure: un uomo, una donna e una bambina vennero a controllare chi stesse urlando e riconobbero Saphelia per quello che era: una guerriera Claymore. La donna parve confusa e intimidita dalla presenza della Caposquadra, mentre l’uomo gongolò per averne, apparentemente, presa una in trappola. Ma la “bambina” non si fidò: percependo nell’aria che l’odore di sangue non veniva da una direzione precisa, decise di far scattare la trappola rivelandosi per quello che era, uno Yoma, e scagliando le sue dita artigliate contro Saphelia, facendo loro percorrere una traiettoria a parabola.Preoccupata per la Caposquadra, Seayne attinse allo Yoki e si lanciò dal suo nascondiglio, spada ben stretta tra le mani, tranciando al volo tre dei cinque artigli del mostro e atterrando a destra di Saphelia, la quale aveva schivato ruzzolando gli artigli rimasti e arrestandosi contro il corpo della guerriera albina, mentre Alicia, con molto coraggio, si gettava in mezzo agli Yoma. Confusa e intimidita da quanto stava accadendo, lo Yoma-Bianca reagì d’istinto, scagliando tutti e dieci i suoi artigli in direzione di Saphelia e Seayne; la prima reagì abbassandosi e la seconda saltando sopra la traiettoria, con l’intento di tranciare quante più “dita” avesse potuto durante la ricaduta. Per sua fortuna la guerriera albina aveva tenuto d’occhio lo Yoma-Candice, temendo che lei fosse la vera mente del gruppo, e fece bene perché la mostruosa bambina cercò d’intercettarla al volo con due artigli, che Seayne parò col piatto della sua claymore, perdendo però l’equilibrio e finendo addosso alla Caposquadra.Evidentemente temendo la velocità di Seayne, lo Yoma-Candice riorganizzò la sua “squadra”, spedendo contro Seayne lo Yoma-Maschio, colui che una volta era stato Arthur, non senza proteste da parte di quest’ultimo, che però ubbidì, mentre lo Yoma-Bianca si scagliava su Alicia. Seayne, rialzatasi nel frattempo, si gettò subito alla carica dello Yoma-Arthur, cercando di non dargli il tempo di ragionare e tentando di utilizzare la stessa mossa con la quale aveva atterrato Alicia la prima volta in arena. Ma Saphelia, tentando di schivare l’attacco dello Yoma-Candice diretto su di lei, tentò a sua volta di gettarsi sullo Yoma-Arthur, ma alcuni artigli la sbilanciarono e lei finì col cadere addosso al suo bersaglio, finendo a terra con lui. Se Seayne fosse stata un po’ più umile, avrebbe forse pensato di arrestare la sua carica o cercato di cambiare bersaglio in corsa, ma non lo fece, sopravvalutando nuovamente le sue capacità, col risultato di finire anche lei a terra assieme alla Caposquadra e allo Yoma.Stupita e divertita dalla goffaggine delle avversarie, lo Yoma-Candice ordinò al compagno di tenere ferme le due guerriere, mentre lei scagliava nuovamente i suoi artigli contro di loro; le due guerriere non furono leste a districarsi e finirono afferrate entrambe per una gamba. Conscia del pericolo Seayne aumentò lo Yoki che le scorreva nelle vene, poi si piegò sul busto e menò un fendente che recise il braccio dello Yoma che la teneva ferma, mentre Saphelia riusciva a sua volta a districarsi ma, nonostante la guerriera albina avesse cercato di ruzzolare via, venne colpita da due artigli: uno alla gamba sinistra e uno in pieno stomaco! Gli artigli vennero ritratti di scatto, facendo sanguinare le ferite e infliggendo a Seayne un dolore lancinante e la terribile sensazione di rivivere quanto accadutole nel villaggio di Trem. Lo Yoma-Arthur si lamentava per l’amputazione, ma venne rimesso in riga da Candice, che gli ordinò di calmarsi e gli lasciava il compito di finire la sofferente guerriera albina, mentre lei si concentrava sulla caposquadra.Forse perché stordita dal dolore, Seayne credeva che l’avversario avrebbe cercato di travolgerla con una carica e si teneva pronta a reagire, ma lo Yoma-Arthur le scagliò invece contro gli artigli che gli erano rimasti, artigli che quasi tutti rimbalzarono sullo spallaccio dell’armatura, tranne uno, che le si conficcò nel bicipite destro, rendendo di fatto inutilizzabile il suo braccio dominante. Infuriata con se stessa e col suo avversario, utilizzando la mano sinistra, Seayne riuscì a tranciare tutti gli artigli rimasti allo Yoma-Arthur e, avendo notato che lo stesso era facilmente incline all’ira e temendo che lo stesso potesse fuggire ora che era “disarmato”, la guerriera albina iniziò a insultarlo, col risultato di provocare una carica da parte dello Yoma, diretta contro di lei.Dal momento che lo Yoma avrebbe potuto, ridotto com’era, soltanto prenderla a calci o tentare un affondo con le zanne della bocca Seayne, sempre tenendo la spada con la mano sinistra si preparò a contrastare entrambe le eventualità ma il suo fendente, non molto preciso per ovvi motivi e ulteriormente sballato dalla corsa disordinata dello Yoma-Arthur, colpì l’avversario alle costole e gli fece perdere l’equilibrio e cadere su di lei. Indomita, Seayne cercò di colpirlo alla testa con l’elsa acuminata della sua claymore, ma il colpo rimbalzò sul solido cranio dello Yoma, facendolo però scivolare sulla destra della guerriera la quale, facendo ricorso alle sue forze residue, riuscì a sfilarsi da sotto lo Yoma-Arthur quel che bastava per portare un ultimo, disperato fendente al collo dell’avversario il quale, stavolta, non riuscì né a pararlo né a schivarlo, finendo quindi decapitato.La gioia per la vittoria calmò la rabbia di Seayne la quale, conscia di essere quasi allo stremo, ridusse drasticamente il livello di Yoki, trattenendone solo una minima frazione per cauterizzare il dolore delle ferite ma, poco dopo, la guerriera albina si accorse che i rumori della battaglia erano cessati… Era forse tutto finito? E, se sì, con che esito?La gioia della vittoria venne rimpiazzata dall’ansia per la sorte delle compagne. Ignorando dolore e stanchezza Seayne si rimise in ginocchio e si diede un’occhiata attorno: non ci mise molto a individuare Alicia, a poca distanza da lei, inginocchiata vicino a un groviglio informe, da sotto al quale spuntavano gli stivaletti metallici di un’altra guerriera, che non poteva essere altri che Saphelia. Seayne gridò il nome delle compagne col poco fiato che le rimaneva, compiendo uno sforzo supremo per rialzarsi in piedi, usando la sua claymore, sempre tenuta nella mano sinistra, come bastone per puntellarsi e dirigersi verso le compagne. Il suo istinto le suggeriva che c’era qualcosa che non andava, ma lei era troppo esausta e dolorante per capirlo a quella distanza… Lentamente, troppo lentamente secondo lei, a causa della sua gamba ferita, Seayne raggiunse le compagne e le bastò un’occhiata per comprendere la terribile realtà: lo Yoma-Candice era stata decapitata, ma aveva fatto in modo di trascinare con sé la sua avversaria! Con orrore Seayne vide che la carcassa dello Yoma, ancora sopra il corpo della caposquadra, prima di morire aveva piantato gli artigli che le erano rimasti nel collo di Saphelia, lacerandone tutte le vene… Il respiro gorgogliante della compagna lasciava pochi dubbi: Saphelia stava morendo…Seayne tentò di fare qualcosa per aiutare la compagna, per cercare di estrarle gli artigli dal collo, ma tutto fu inutile e, comprendendo di non poter fare più nulla per Saphelia, Seayne cominciò a piangere disperata, chiedendo il perdono della sua Caposquadra per non aver saputo aiutarla. Saphelia, con le ultime forze, riprese fermamente la sua compagna, assumendosi la responsabilità di tutto quanto accaduto e, quando sentì che Seayne le aveva preso la mano, ringraziò di tutto le sue compagne, chiamandole amiche e, dopo essersi rivolta con l’ultimo anelito di vita ai suoi cari, Saphelia spirò.Seayne aveva avuto poco tempo per conoscere Saphelia, tuttavia aveva cominciato ad ammirarla, spinta anche dal fatto che Saphelia le era sembrata l’incarnazione dell’aspetto più triste e cupo del suo animo. Per questo non aveva mai osato giudicarla, sarebbe stato come giudicare se stessa! E ora la guerriera albina si sentiva come se un altro pezzo della sua anima le fosse stato strappato via. No, non avrebbe lasciato il suo corpo alla mercé degli spazzini del bosco, non l’avrebbe lasciata lì a marcire. Alicia sembrava ancora sconvolta da quanto accaduto, ma Seayne le consigliò lo stesso di guarire le sue ferite, cosa che fece anche lei. Una volta rigeneratasi, Seayne scavò una tomba per l’amica sulla piccola altura che dominava la palude e, dopo avervi deposto il corpo della Caposquadra, vi conficcò la sua claymore la quale, come da tradizione, le avrebbe fatto da lapide. Dopodiché rivolse una preghiera per l’amica rivolta alla Grande Stella del Nord e, dopo alcuni istanti di raccoglimento, intonò una canzone di commiato, per accompagnare l’ultimo viaggio dell’amica.A quel punto, non rimaneva molto altro da fare. Conoscendo oramai la diffidenza degli abitanti di Lore, Seayne raccolse le “prove” della loro vittoria, ovvero le teste dei tre Yoma e, utilizzando quel che rimaneva del suo mantello, ne fece un fagotto che aveva intenzione di esibire al cospetto dei paesani dopodiché, seguita dalla sempre silente Alicia, per la quale iniziava seriamente a preoccuparsi, iniziò a scendere verso il paese, ai margini del quale trovarono Wit ad attenderle: Seayne gli indicò il sacco con le teste degli Yoma e lo ringraziò per il suo aiuto.Non aveva sbagliato, Seayne, nell’intuire che avrebbe avuto bisogno delle teste mozzate dei tre Yoma.Infatti, come prima cosa, Wit diede un'occhiata alle tre teste contenute nel fagotto, poi lo riavvolse e se lo caricò in spalla. Poi fissò le due guerriere con i suoi occhi da ubriaco, osservando che, all’inizio le guerriere erano in tre… Sembrava che Wit avesse avuto ancora quel minimo di lucidità per evitare commenti inappropriati, almeno in quel momento. Ma in realtà i pensieri dell’estrattore di torba erano rivolti in tutt’altra direzione, ovvero al fatto che avesse avuto ragione a proposito dei tre albini che gli avevano ucciso la moglie e che ora, al villaggio, lo avrebbero saputo tutti. Con quel commento, Wit voltò le spalle alle due guerriere e se ne tornò verso il villaggio, incurante della loro presenza.Il primo impulso di Seayne fu di seguirlo, ma… fatto il primo passo, si bloccò… Assistere a un’ennesima lite tra i cittadini di questo posto non le avrebbe portato alcuna gioia, senza contare che, se le cose avessero preso una brutta piega, i cittadini infuriati se la sarebbero potuta prendere anche con le due guerriere. E poi Alicia non si era ancora ripresa da quanto successo. Sarebbe poi stato del tutto inutile spiegare ai paesani che i Whitby erano stati probabilmente le prime vittime degli Yoma, dal momento che, su tutto il resto, Wit aveva avuto ragione. Nonostante l’ubriaco estrattore di torba non le piacesse come persona, Seayne doveva riconoscerne le ragioni- Era meglio lasciare che gli umani se la sbrigassero tra di loro, in fondo a lei non importava cosa fosse successo a Lore. Gli Yoma erano morti, il villaggio era al sicuro, l’ultima parola spettava ai capi.Poi Seayne guardò Alicia… L’amica sembrava invece non aver ancora superato il trauma della morte di Saphelia… anche questo fatto contribuì a rafforzare la decisione di Seayne di tornare subito a Staph.    

 

 
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