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[In Missione] Scheda di Seayne (Nardo)
06-11-2016, 05:37 PM
Messaggio: #15
RE: [In Missione] Scheda di Seayne (Nardo)
CAPITOLO XIV: OPEN SEA

Non era passato molto tempo dalla presa di coscienza della sua vera natura da parte di Seayne che la guerriera albina ricevette l’odine di raggiungere in tutta fretta un famoso crocevia che incontrava Terre del Sud, Terre Centrali e Terre dell'Ovest. Prestando la massima attenzione per non farsi scoprire mentre passava nei territori sotto la diretta autorità di Rabona – temeva infatti che la sua condanna a morte nella città santa fosse tutt’ora in vigore - si diresse a passo spedito verso il luogo dell’appuntamento, apprezzando comunque il paesaggio mutevole che incorniciava il suo cammino. Seayne arrivò a destinazione al calare della notte. Due figure sembravano essere già sul posto: una di esse, a giudicare dall’innaturale riflesso argenteo dei suoi occhi, era sicuramente una guerriera, come poté poi giudicare dall’uniforme e dall’armatura che la compagna indossava; l’altra figura apparteneva a un uomo alto, avvolto in uno scuro mantello. Le due guerriere si scambiarono un saluto e così Seayne apprese che la sua nuova compagna era la Numero 9 dell’Organizzazione: Camillah, mentre l’uomo in nero, ovviamente un superiore chiamato Hughes, si metteva al passo in direzione Sud, sfottendo le due per il loro atteggiamento, cosa che, almeno nel linguaggio del corpo, Camillah non gradì.
Il loro incarico consisteva nel recarsi ad Alessandro, uno dei porti principali nelle Terre del Sud, dotato di numerose banchine, città nella quale i contadini delle Terre del Sud per arrotondare i loro introiti, si recavano per pescare quando era periodo di raccolta. Al largo di Alessandro però, c’era un arcipelago chiamato le "Isole della Morte", dalle quali cui nessuno era mai tornato e dove le leggende e le favole degli abitanti del luogo avevano iniziato a confondersi con l'esistenza degli Yoma.
Inizialmente l’Organizzazione aveva bollato le richieste d’aiuto come una sorta di superstizione popolare, dovuta alla perdita di navi o a causa del mal tempo o a causa di qualche belva sottomarina di cui non si sapeva nulla, scambiate per attacchi di Yoma, dei quali però nessun cadavere e, quindi, nessuna prova, era mai stata rinvenuta. Alla fine, pressata dal Sindaco, l’Organizzazione, prima di inviare le sue guerriere, aveva mandato un suo uomo a investigare ma, anche quest’ultimo, era scomparso senza dare più notizie di sé. A chi rivolgersi per avere informazioni? Secondo Hughes forse il Sindaco era la persona maggiormente aggiornata sulla situazione ma avrebbe potuto non dir loro nulla di rilevante ma solo ciò che lui voleva che le due guerriere sapessero… viceversa la milizia cittadina avrebbe potuto avere una visione dei fatti più realistica ma, dalle parole del superiore, sembrava fosse loro ostile e quindi avrebbe potuto rivelarsi non molto collaborativa.
Insomma, le informazioni erano talmente scarse e confuse che il confine tra mito e minaccia reale era estremamente labile; il compito di Camillah e Seayne sarebbe stato, in definitiva, andare ad Alessandro e mettere per sempre a tacere la minaccia, se ce ne fosse stata una, cosa che Seayne temeva vista la convocazione della sua Caposquadra, Camillah, che era una cifra singola. Un’ulteriore motivazione per la guerriera albina veniva anche dal fatto che il suo mentore, Tahzay, era stato per molti anni un uomo di mare e contribuire a liberare il mare suddetto da una minaccia che uccideva gli uomini rappresentava ai suoi occhi d’argento un modo per sdebitarsi col vecchio eremita. L’uomo in nero a quel punto le lasciò sole e, dopo un rapido scambio di battute riguardo le poche informazioni che avevano, le due compagne si misero in marcia verso Alessandro.
Le due guerriere viaggiarono prevalentemente di notte, con la luna che illuminava il loro cammino e la divinità patrona di Seayne, la Grande Stella del Nord o Stella Polare come la chiamava la maggior parte degli uomini, che costituiva un punto di riferimento costante per guidare i loro passi. Fu un viaggio in buona parte silenzioso: la prima impressione che Seayne aveva avuto della compagna era buona ma poi, dopo la frase ironica dell’uomo in nero, la guerriera albina aveva avuto la sensazione che la compagna si fosse un po’ chiusa in sé stessa. Non volendo sembrare inopportuna e/o invadente, Seayne rispettò la riservatezza della compagna finché il silenzio tra le due compagne venne rotto da uno scambio di confidenze sulle circostanze che le avevano portate ad essere assoggettate all’Organizzazione.
Le due compagne giunsero in vista di Alessandro alle prime luci dell’alba: anche se la strada che scendeva dolcemente verso l’abitato era ancora avvolta dalla foschia del mattino, Seayne poté valutare che il posto era più simile a un grande villaggio costituito per lo più da case basse e villette che a una città, almeno secondo il suo metro di valutazione. La luce intermittente di un faro che segnalava ai naviganti l’approssimarsi del porto si rifletteva sulla rugiada mattutina che ricopriva l’erba dei prati ma, più di questo, più dell’abitato che sorgeva aggrappato al limite della linea di costa, l’attenzione di Seayne venne catturata dall’immensa distesa d’acqua che occupava tutto l’orizzonte e… la guerriera albina ne rimase affascinata! Infatti Seayne, pur avendo sentito parlare molte volte del mare e aver cercato di immaginarlo nei suoi pensieri, non lo aveva mai visto e ora, essere al cospetto di quell’immensità, lei che era abituata al massimo a trovarsi davanti un fiume o un lago, era come vivere un sogno a occhi aperti. La guerriera albina continuò a camminare fianco a fianco con Camillah, rapita e affascinata da quella visione, ascoltando il rumore all’inizio lontano ma sempre più vicino delle onde che si infrangevano sulla costa, finché le due guerriere si ritrovarono alle porte dell’abitato e gli sguardi e gli atteggiamenti poco gentili dei primi mattutini abitanti di Alessandro ruppero l’incanto, riportandola alla realtà.
A quel punto Camillah propose di recarsi dal sindaco, dal momento che era stato lui a sollecitare il loro intervento, recandosi poi dalla milizia nel caso in cui le informazioni ottenute non fossero state soddisfacenti; Seayne si dichiarò d’accordo, sottolineando che sarebbe stato meglio recarsi comunque anche dalle guardie in quanto, prestando fede alle parole di Hughes, incrociare quello che avrebbe detto loro il sindaco con quello che avrebbero potuto dire i capi della milizia cittadina, avrebbe potuto permettere loro di escludere le informazioni poco pertinenti o le esagerazioni dovute alla paura o alla fantasia del sindaco, dalle quali l’uomo in nero le aveva messe in guardia. Le due si misero così d’accordo e Seayne si guardò attorno, incrociando nuovamente gli occhi della gente, constatando che, per la prima volta, quell’ostilità che leggeva in quegli sguardi non le toccava più il cuore, come accadeva un tempo.
Il loro arrivo sembrò cogliere di sorpresa il sindaco il quale, forse, aveva ormai perso le speranze di vederle arrivare. Camillah fu molto diretta nelle sue domande verso il riottoso vecchio mentre Seayne, mossa forse a compassione dall’età dell’uomo decise di approcciarlo in maniera più gentile, decantando davanti a lui quanto bello fosse il suo paese. Forse fu perché Seayne si era mostrata gentile e mite nei confronti dell’anziano sindaco o forse perché i sentimenti della guerriera albina nei confronti del villaggio erano sinceri, ma comunque l’atteggiamento che la ragazza aveva assunto nei confronti del vecchio sortirono qualche risultato. L’uomo infatti abbandonò il comportamento riservato che aveva tenuto fino a quel momento e iniziò a descrivere sommariamente com’era la vita ad Alessandro nel suo periodo di massimo splendore. Seayne prestò la massima attenzione alle parole del sindaco, cercando di costruire nella sua mente l’immagine di come poteva essere la cittadina di allora, al fine di creare sempre più empatia col vecchio. Poco a poco, il sindaco iniziò a narrare delle storie di mostri che si raccontavano ai bambini e di come queste sembravano col tempo essere divenute sempre più reali, al punto da far pensare a Seayne che a un certo punto le sparizioni erano diventate troppo frequenti per far pensare a degli incidenti in mare e, poco alla volta, la gente aveva cominciato ad aver paura sul serio e quindi ad andare via. A dar retta alle parole del sindaco, la situazione sembrava essere precipitata nell’ultimo anno. Il vecchio sindaco sembrava non sapere nulla dell’uomo dell’Organizzazione e, poco per volta, il suo discorso scivolò nella descrizione dei mostri i quali, secondo le leggende locali, predavano la gente: il primo era una dolce fanciulla, naufraga, che in mezzo al mare in tempesta chiedeva aiuto ai marinari ignari. Con la sua dolce voce melodiosa li chiamava a sé e loro attirati dai suoi canti facevano virare la nave verso gli scogli, ad una fine sicura; il secondo era una grande rana-umana che lontano dalla città usciva dal mare ed aggrediva i mercanti solitari che percorrevano la strada che andava verso Est. Detto questo, il sindaco le indirizzò verso il capitano delle guardie e, capito che dal vecchio non avrebbero appreso altro, le guerriere lasciarono il municipio.
Non fu difficile per le due guerriere raggiungere il faro del porto, dove stava la persona che dovevano incontrare ma, durante la strada, l’attenzione di Seayne fu rapita dalla vicinanza del mare, dal suo odore salmastro e dai gabbiani che gridavano, librandosi nel cielo. Nel quadro però, c’era qualcosa che stonava: nonostante i moli sembrassero grandi e robusti, soltanto piccole barchette da pesca parevano esservi ormeggiate: l’unica eccezione era una imbarcazione molto più grande delle altre, la quale però pareva tristemente abbandonata a sé stessa. I peggiori timori di Seayne si avverarono poco dopo che le due compagne arrivarono alla caserma. Tutto sembrava andare per il meglio quando un robusto giovanotto di nome Caesy le accolse con benevolenza e, senza perdere tempo le accompagnò da quello che probabilmente era il capitano delle guardie, una sorta di armadio umano, un omone enorme ma, quando costui aprì bocca per dare aria ai suoi denti, le speranze di Seayne crollarono: non solo l’uomo non volle avere nulla a che fare con loro, ma le derise apertamente davanti ad altre persone, con le quali stava parlottando come se stessero discutendo di un piano, lasciando a un evidentemente deluso Caesy il compito di ragguagliare le due compagne. Per un momento, i ricordi della folla di Rabona che inveiva contro di lei riaffiorarono nella mente di Seayne, mentre il modo di fare del capitano irritò Camillah la quale gli rispose a tono ma, prima che le cose degenerassero, Caesy, fratello maggiore dell’omone si mise in mezzo, con l’unico risultato di far sbattere tutti e tre fuori dalla porta della stanza.
Tutta quella confusione aveva mandato in bambola Seayne, la quale non riuscì, all’inizio, ad avviare un discorso con Caesy, così, su richiesta di Camillah tacque, lasciando alla caposquadra il compito di parlare con il robusto giovanotto. Il tentativo sortì dei risultati: la storia della rana umana risultò fasulla, ma si venne a sapere anche che, in tempi più felici, gli abitanti di Alessandro incoraggiavano le dicerie su mostri per attirare in città i curiosi e, soprattutto, le due compagne vennero a conoscenza del fatto che l’uomo dell’Organizzazione si era fatto dare una nave per poi partire con essa senza fare ritorno. A quel punto Caesy da un cassetto tirò fuori una mappa leggermente sgualcita, sulla quale era segnata la città di Alessandro, la strada che andava verso ad Est e poi una serie di isolotti ben poco delineati, creati per dare un'idea approssimativa di dove si trovavano e che aspetto avessero le Isole della Morte. Sulla mappa c’erano due segni, uno in blu e uno in rosso, più vicino alla costa. Secondo il giovanotto il problema stava nel mare e i due segni rappresentavano il limite della navigazione sicura per le navi: il blu era il vecchio limite, il rosso quello attuale; dalla discussione emerse che Max, il fratello di Caesy stava organizzando una spedizione proprio in quella zona e quindi a Seayne e Camillah non rimase altro da fare se non offrirsi volontarie per quella missione. Dopo alcuni attimi di tentennamento, il giovane accettò, decidendo di assumere il comando di quella spedizione e si mosse immediatamente, facendo loro strada verso il porto. Lungo la strada, Caesy raccontò loro della tradizione locale del dono di nozze dei padri alle figlie di un pezzo della loro nave per costruire la loro nuova abitazione cosicché si ricordassero le loro origini di marinai e così chiacchierando giunsero al porto, dove era ormeggiata l’ultima grande nave: il Leone Marino.
La nave sembrava pronta alla partenza e Caesy si adoperò per far accettare all’equipaggio la presenza delle due guerriere: la cosa gli riuscì e, poco dopo, il Leone Marino prese il mare. Mentre Seayne si godeva ogni attimo di quella partenza e del primo tratto del viaggio in mare aperto, Camillah si tolse l’armatura e si arrampicò fino alla coffa della nave; poco dopo Seayne imitò la compagna, sistemandosi però a prua del vascello, cercando di non dare fastidio ai marinai, per osservare il mare avanti a loro e cercare di percepire eventuali pericoli… che non tardarono a manifestarsi. A peggiorare la situazione, scoppiò all’improvviso un temporale e pioggia e vento iniziarono a sferzare la nave e tutti i suoi occupanti. Mentre Caesy e i marinai erano occupati a mantenere il controllo della nave, Seayne ritenne opportuno togliersi a sua volta l’armatura: non passò molto temo che le due compagne percepirono una traccia di yoki sempre più netta la quale, dalle profondità del mare, aveva iniziato a chiudere la distanza col Leone Marino. Camillah scese dalla coffa e si affiancò alla compagna.
E poi, improvvisamente, eccolo: un mostro che ricordava una sorta di drago marino, grande almeno quanto la nave stessa, emerse dalle acque, causando un forte spostamento delle correnti come se la tempesta da sola non bastasse; si creò un'onda più alta del solito quando si immerse nuovamente tra le onde e l'acqua salata del mare invase il ponte del Leone Marino, trascinando tra i flutti un uomo. Poco dopo il Risvegliato riemerse, come per studiare la situazione dopo il suo primo assalto indiretto: nel mentre, con una voce che sembrava un coro di tante voci diverse, affermò di avere fame, come se parlasse per tutte le voci che aveva in sé oppure… come se ce ne fossero altri Risvegliati in zona. Seayne rimase per un attimo sbalordita all’udire quella voce e poi, mentre Caesy riusciva a far virare la nave in tempo per schivare il successivo attacco del mostro, la guerriera albina scivolò sul ponte bagnato e cadde distesa su di esso. Il mostro, continuando a vaneggiare, insisté con i suoi assalti e riuscì a colpire la nave, anche se non in pieno: tanto bastò a far cadere fuori bordo un altro marinaio, il quale però riuscì ad aggrapparsi a qualcosa e a non finire in acqua: subito Camillah si lanciò al suo salvataggio ma anche lei rischiava di scivolare con lui in acqua, non fosse stato per l’intervento di Seayne la quale riuscì a bloccare al volo la compagna e, assieme all’aiuto di un altro marinaio, a issarla a bordo assieme al marinaio da lei soccorso. Il Risvegliato approfittò della situazione e, appoggiatosi sulla murata della nave, sporse una zampa artigliata e catturò Anthony, l’uomo che poco prima aveva aiutato Seayne; avendolo sentito arrivare però, le due guerriere erano pronte e reagirono subito: Seayne mozzò la zampa del Risvegliato che stringeva l’umano, mentre Camillah riuscì a piantare un arpione in un occhio del drago marino.
A quel punto, la situazione iniziò a degenerare: la zampa amputata cadde in mare con ancora il marinaio stretto nel pugno; la generosa Camillah si tuffò in acqua per cercare di salvare il marinaio prima che Seayne, violentemente sbattuta dal mostro contro l’albero maestro della nave che si era così spezzato, riuscisse a fermarla e subì l’attacco del Risvegliato che con un morso le staccò quasi di netto il braccio sinistro… sarebbe morta se Caesy non si fosse tuffato a sua volta per ripescarla. Mentre la sua caposquadra rigenerava la sua ferita, Seayne cercò in tutti i modi di controbattere le offensive del Risvegliato, cercando in tutti i modi di ferirlo e di accecare l’occhio che gli era rimasto. La guerriera albina, anche ricorrendo alla sua abilità Polaris, non ebbe molta fortuna: riuscì infatti a contenere a malapena gli assalti del Risvegliato e anch’essa sarebbe probabilmente morta se Caesy, accorso al suo fianco e mettendo a rischio la sua vita, non avesse ferito il drago marino, dando a Seayne la possibilità di sopravvivere.
Il Risvegliato tornò all’assalto, questa volta sollevando la sua imponente coda con l’evidente intenzione di abbatterla sulla nave, distruggendola ma fu in quel frangente che Camillah tornò a fianco dei compagni. Seayne, pur addolorata nel vederla in quelle condizioni – in fondo aveva già visto morire una sua Caposquadra – le cedette il comando delle operazioni e insieme le due guerriere riuscirono a parare l’immane colpo di coda del drago marino. Mentre quest’ultimo sembrò volerci riprovare, anche se mostrava – finalmente – segni evidenti di stanchezza, Camillah prese a insultarlo e questi, forse punto nell’orgoglio, si contorse su sé stesso e cercò di azzannare nuovamente la Caposquadra ma Seayne intuì le sue intenzioni e, utilizzando nuovamente la sua abilità, riuscì finalmente ad accecare l’avversario e a cavargli l’occhio buono. Sconfitto e sfinito, il Risvegliato si afflosciò galleggiando sul pelo dell’acqua e da lì le due guerriere si precipitarono a finirlo, decapitandolo e venendo inneggiate dai marinai del semidistrutto Leone Marino per la loro vittoria, mentre la guerriera albina provava pietà per una creatura che, una volta, era stata come lei.
Era finita, finalmente: da lontano Seayne avvistò delle isole le quali, per quanto ne sapeva, potevano benissimo essere le proibite Isole della Morte e, forse a causa dello sfinimento, ebbe per alcuni istanti la sensazione di avvertire ancora dello yoki. Ma poi la sua attenzione venne richiamata dalle parole rivoltele da Camillah. Seayne le fu grata per i suoi ringraziamenti e le rivolse parole di conforto quando la compagna criticò sé stessa per il modo nel quale aveva condotto l’operazione; dopodiché le due guerriere si recarono a ringraziare Caesy e Seayne ne lodò il valore davanti a tutti i marinai… In fondo, se entrambe erano ancora vive, lo dovevano a lui. Poi Seayne se ne tornò a prua e si dedicò a guarire le sue ferite e poi a riposare, fino al ritorno in porto.
Sulla banchina le due avvistarono il loro superiore, Hughes e, vista la volubilità dell’uomo, decisero di recarsi immediatamente da lui per fare rapporto. L’uomo in nero si limitò a constatare il successo della missione, anche se sembrò concedersi un istante di compassione quando notò la mutilazione subita da Camillah. Il superiore aveva già riscosso il compenso perciò non rimaneva più nulla da fare per loro ad Alessandro e quindi Seayne si avviò assieme agli altri, rispettando le gerarchie, accodandosi per ultima lungo la strada. Usciti dal paese, la guerriera albina si girò un’ultima volta per rimirare il panorama che l’aveva accolta al suo arrivo e i suoi pensieri andarono all’eremita che l’aveva iniziata alla sua nuova filosofia di vita, sperando che fosse contento dell’operato della sua allieva. Poi tornò sui suoi passi, riaccodandosi al gruppo, proprio nel momento in cui Camillah chiedeva se esistesse un modo per riavere un arto perduto e, effettivamente, l’espressione del volto della Caposquadra le rivelava quanto Camillah stesse male per ciò che le era accaduto. E forse proprio a causa di quanto le era successo e forse per il bisogno di ricevere un po’ di conforto, lungo la strada del ritorno Camillah si comportò in maniera molto più socievole con la guerriera albina.
Quest’ultima fece del suo meglio per ricambiare sinceramente quell’atteggiamento, cercando velatamente di adottare degli atteggiamenti e delle parole che potessero essere di conforto alla compagna. Quando giunse il momento della separazione, Seayne abbracciò Camillah come se stesse prendendo commiato da una sorella, dicendole che avrebbe atteso il giorno in cui sarebbero andate nuovamente in missione assieme. Detto questo, la guerriera albina se ne andò per la sua strada. Aveva molte cose sulle quali meditare e molte altre sulle quali semplicemente riflettere. Il suo cammino spirituale era ben lontano dall’essere finito.

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