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[In Missione] Scheda di Seayne (Nardo)
24-12-2016, 06:08 PM
Messaggio: #16
RE: [In Missione] Scheda di Seayne (Nardo)
CAPITOLO XV: GURTHANG FERRO DI MORTE

Rientrata dalla missione nelle Terre del Sud e consapevole della sua scarsa forza che le rendeva problematico affrontare avversari pesantemente corrazzati, Seayne era decisa ad approfondire quella parte dei suoi studi mistici nella quale si affermava che le menti allenate e disciplinate possano permettere al discepolo di trascendere la sua umanità e avere accesso a facoltà particolari comunemente negate ai profani. A maggior ragione questo poteva rivelarsi vero per una guerriera mezza demone, ma fin dove poteva spingersi Seayne nella sua ricerca del potere? Avrebbe potuto combinare la sua estrema velocità e la sua forza interiore e mentale per ottenere una tecnica potente? C’era solo un posto al Quartier Generale ove avrebbe potuto ottenere la risposta.
Così, nonostante l’ora tarda, la guerriera albina si recò alla grande biblioteca del Quartier Generale, ove trovò uno degli Uomini in Nero che si era trattenuto a leggere fino a tarda ora: era Duran, il maestro che l’aveva aiutata a affinare l’uso della sua abilità Polaris. Il superiore infatti credeva che Seayne volesse implementare ancora la sua abilità e l’ammonì affermando che Polaris non era ulteriormente potenziabile. Seayne ne era cosciente e subito si affrettò a dissipare i dubbi di Duran, spiegandogli l’esatto motivo della sua presenza in quel luogo a quell’ora: realizzare una tecnica nella quale convergessero tutta la sua velocità, tutta la forza del suo spirito e tutta il suo yoki in un unico, singolo, devastante colpo che fosse in grado di infrangere anche le più robuste corazze dei risvegliati.
Dopo alcuni momenti di riflessione, dopo aver riflettuto e affermato che la cosa avrebbe potuto essere fattibile, l’uomo in nero chiamò un accolito al quale diede una serie di istruzioni e poi condusse Seayne presso l’arena esterna, il luogo della sua fortunata vittoria contro Gaia, la Numero 5 dell’Organizzazione. Qualcuno aveva provveduto a far sistemare dei manichini pesantemente corrazzati sul campo dei duelli e, per prima cosa, Duran ordinò alla sottoposta di effettuare un tentativo per fargli capire cosa Seayne avesse in mente e studiare il modo per farglielo ottenere. Seayne prese di mira un manichino e, ricorrendo alla tecnica della sua immagine mentale per dirigere l’energia demoniaca nel suo corpo, partì alla carica rilasciando lo yoki al 50% e cercando di concentrarlo solo ed esclusivamente nel suo braccio destro, per poi colpire la sagoma da allenamento con tutta la forza che in quel momento possedeva…
Il manichino corrazzato quasi non si accorse dell’attacco, riportando solo una scalfittura dell’armatura, mentre l’intera forza del colpo si ritorse contro Seayne, facendola rimbalzare sulla sagoma e mandandola a ruzzolare a terra, il braccio destro intorpidito. Comunque il tentativo fu sufficiente per far capire a Duran dove la guerriera albina voleva andare a parare e quindi, come prima cosa, le consigliò per il momento di lasciare perdere la carica e di concentrarsi solo sul bersaglio, sprigionando e concentrando nel braccio tutto lo yoki a cui poteva attingere. Dopo aver recuperato la sensibilità al braccio dominante, Seayne si pose di fronte al manichino e iniziò a concentrarsi: non si era mai spinta nell’uso dello yoki a oltre il limite del 50% ma ora, lo capiva, doveva fare di più. Così, dopo aver alzato il suo yoki al limite per lei consueto, iniziò a spingerlo nel braccio, lentamente, gradualmente e con attenzione, procedendo a incrementarlo di un 10% alla volta, finché raggiunse il limite dell’80% e, a quel punto, non volendo andare oltre, scagliò il suo fendente sul manichino, per poi affrettarsi a dissipare lo yoki che aveva in corpo.
Nell’armatura del manichino si aprì un grosso squarcio ma, a essere onesti, per un Risvegliato si sarebbe trattata di una ferita di poco conto, così come confermò il maestro Duran il quale le suggerì due cose: incrementare ancora il livello di yoki rilasciato e accelerare ulteriormente il tempo di rilascio dello stesso, sottolineando che minore fosse stato il tempo suddetto, meno Seayne sarebbe rimasta esposta a un eventuale contrattacco avversario. Seayne preferì per il momento tenere separate le due cose e iniziò dalla rapidità di incanalamento, cambiando prima bersaglio su suggerimento del superiore, per poter meglio valutare i danni su un manichino intatto. Con un certo sforzo Seayne riuscì a incanalare nuovamente l’80% di yoki nel suo braccio con maggiore rapidità rispetto a prima, ma i risultati furono più o meno gli stessi del tentativo precedente. Non c’era nient’altro da fare: se se voleva conseguire qualche risultato, Seayne avrebbe dovuto infrangere la barriera dell’80% di yoki rilasciato. Nonostante la guerriera albina si fosse già confrontata con la se stessa risvegliata a livello mentale, prevalendo, le cose sul piano fisico avrebbero potuto rivelarsi diverse. Preoccupata di non diventare un pericolo, Seayne chiese all’uomo in nero di chiamare una compagna che potesse intervenire se lei avesse malauguratamente perso il controllo del suo yoki.
La risposta, anzi, il rimprovero che Duran le rivolse la colsero di sorpresa:l’uomo in nero in pratica le aveva ricordato che durante un combattimento le compagne non avrebbero avuto tempo per assisterla e se lei avesse voluto ottenere quel che cercava avrebbe dovuto avere il coraggio di andare fino in fondo o, altrimenti, rinunciare. Seayne ascoltò le parole di Duran senza fare una piega. Aveva da tempo imparato a non prendersela quando veniva rimproverata o apostrofata con toni secchi e freddi come in questo caso. Preferì quindi concentrarsi sui contenuti di quel rimprovero, sul significato delle parole dell’uomo in nero, intuendo che ci fosse un modo per raggiungere il massimo rilascio dello yoki riducendo al minimo il rischio del risveglio. Ma come fare? Seayne a dire il vero un’idea iniziava ad avercela, ma prima chinò il capo verso il superiore, come segno di aver recepito le sue parole e confermandogli la sua volontà di andare avanti, in modo tale sapesse che, qualunque fosse stato l’esito, la guerriera albina avrebbe tentato di andare fino in fondo. Dopo aver approfittato di quegli istanti di pausa per recuperare le energie, Seayne ritornò a fronteggiare il manichino colpito nel tentativo e iniziò a riflettere, ricordando il suo confronto precedente con la sua metà oscura, che l’aveva vista vittoriosa. Seayne sorrise serena. Sapeva che sarebbe giunta a questo punto prima o poi ma la cosa non la spaventava anzi, in un certo senso, le parole dell’uomo in nero l’avevano spronata a continuare. La guerriera albina sapeva che questa sarebbe stata la prova per vedere se la disciplina alla quale si era sottoposta in quegli ultimi mesi fosse servita a qualcosa.
Lentamente, sempre respirando in maniera cadenzata e regolare, Seayne richiamò alla mente il suo confronto con la sua parte oscura, recuperando tutti i ricordi e le sensazioni provate allora, ricostruendo nel suo pensiero la mappa immaginaria del suo corpo che utilizzava all’inizio dei suoi allenamenti per capire come dirigere i flussi di yoki attraverso il suo corpo. Subito dopo iniziò a rilasciare nuovamente lo yoki direttamente all’80% e, mentre lo faceva, ricostruì l’immagine della sé stessa risvegliata così come l’aveva percepita durante le sue meditazioni. Fatto questo, fece muovere le due figure nella sua mente in modo tale che le due braccia destre delle immagini si sovrapponessero perfettamente, iniziando nel contempo a spingere lo yoki in direzione del suo arto dominante. Concentrandosi e respirando regolarmente, non appena Seayne ebbe finito di sovrapporre le immagini mentali delle due braccia, iniziò a dipanarsi sul braccio immaginario una ragnatela di striature violacee contorte come i viticci di una pianta rampicante, come le vene che si ingrossavano quando Seayne rilasciava il suo yoki. Era il momento e la reazione che la guerriera albina si aspettava e quindi ella si protese mentalmente verso la sua metà oscura, decidendo di infrangere il punto di rottura e implorando la se stessa risvegliata di concederle per un istante la sua forza, per poi spingere lo yoki al 100%, cercando di usare tutte le sue risorse fisiche e mentali per ignorare il dolore al braccio, il quale nella sua mente ormai brillava come non mai ma nella realtà sembrava aver preso fuoco e spingere quell’enorme flusso di energia prima verso il suo braccio destro e poi idealmente fuori da esso, verso la sua claymore, provando a vibrare nel medesimo istante un fendente diretto alla vita del manichino che aveva di fronte, con l’obiettivo di tentare di tagliarlo in due.
Seayne non ebbe il tempo di gioire o di rendersi conto del successo del suo tentativo: lo yoki non ne volle sapere di ridursi dopo che la guerriera albina ne aveva attinto fino all’estremo limite e l’energia demoniaca iniziò a scuotere e deformare il suo braccio dominante. Seayne lasciò cadere la claymore e si inginocchiò a terra stringendo con la mano sinistra il suo polso destro mentre, a causa del suo capo chinato in avanti, la sua grande massa disordinata di capelli bianchi le ricadde tutt’attorno, ricoprendo la sua figura come un candido sudario. Però, dopo alcuni istanti di dolore ed estasi, la guerriera albina si rese conto di aver già provato quel caos di emozioni contrastanti, la prima volta che si era avvicinata alla sua metà oscura… e questo smorzò in buona parte le sue paure e le diede la forza di pensare e capire che doveva riprendere il controllo di se stessa. Per prima cosa, realizzò Seayne, doveva impedire al panico di prendere il sopravvento su di lei, perciò costrinse se stessa a riprendere a respirare regolarmente, riportando la calma nella sua mente, anche se non ancora nel suo corpo. Fu allora che, emergendo dal caos che la stava sconvolgendo nell’intimità, la voce calma ma ferma del maestro Tahzay si fece sentire, citando uno dei più comuni aforismi che le aveva lasciato da studiare che le suggeriva di aggiogare te stessa finché non fosse stata come un cavallo disposto ad obbedire. Quella voce proveniente dal suo passato e dai suoi studi la sorprese: come fare a mettere il giogo a se stessa, in quelle condizioni? Un altro ricordo del suo passato le venne in aiuto: da piccola aveva incontrato un uomo di una tribù del nord molto bravo a domare i cavalli selvaggi. Quando la piccola Seayne gli chiese come facesse, l’uomo le rispose che il segreto era la fermezza! Non cedere mai, per nessun motivo, altrimenti, se avesse ceduto anche solo una volta, tutti gli sforzi sarebbero stati inutili. Ma come fare per adattare quell’insegnamento alla sua situazione? Al suo yoki selvaggio? Il tempo stringeva e la sua metà oscura non dava segno di voler allentare la presa su di lei… Sforzandosi di rimanere calma e concentrata, prima di iniziare a concentrare i suoi sforzi per resistere, Seayne richiamò per un attimo alla mente l’immagine di Stephan, il suo perduto amore e, avvertendo in lei la forza di quel sentimento che ancora la legava all’uomo, iniziò il suo tentativo per placare il flusso di energia demoniaca fuori controllo. Per prima cosa, Seayne svuotò del tutto la sua mente, in modo tale da ridurre al minimo, se non cancellando del tutto, pensieri, istinti ed emozioni che la sua parte bestiale avrebbe potuto volgere a suo vantaggio, sfruttando la sua personale pratica meditativa, cosa che oramai, dopo tanti mesi di meditazioni prolungate, avrebbe dovuto riuscirle facilmente. Poi, ben sapendo che se la sua metà oscura, alimentata dai suoi più bassi istinti ma anche e soprattutto dal suo yoki non avesse trovato appigli per aggrapparsi a lei, avrebbe potuto comunque riuscire a sbarazzarsi della sua coscienza, Seayne dissolse l’immagine mentale di se stessa alla quale la sua metà oscura si era legata grazie al braccio che le aveva concesso e condiviso, cercando in tal modo di toglierle anche quell’appiglio e, nel contempo, nella mente di Seayne avrebbero iniziato a prendere forma alcune parole: Io sono Seayne! La guerriera albina avrebbe iniziato a ripetere nel suo intimo quelle parole, scandite con calma ma con fermezza, facendo assumere a loro il ritmo e la cadenza ossessiva di un mantra. Focalizzandosi su quella litania, la guerriera albina avrebbe quindi tentato con tutta se stessa di ritorcere quel mantra contro la parte di lei che cercava di risvegliarsi, tempestandola con quelle parole, cercando di non cedere neanche per un istante, come se fosse uno scoglio di pietra dura sulle rive di un mare in tempesta, mentre la sua parte razionale tentava di richiamare a sé tutta la forza del suo spirito e, grazie ad esso, provare a riportare il flusso del suo yoki sotto controllo abbassandone lentamente l’intensità, pilotando quest’ultimo sforzo ricorrendo ancora una volta all’immagine mentale residua della sua parte risvegliata. L’avrebbe fatta regredire dalla sua forma di risvegliata alla sua forma normale, ovvero Seayne stessa, però partendo non dal braccio oggetto del contendere tra le due volontà, ma dalle sue gambe, cercando subdolamente di toglierle forza e quindi indebolirla prima che la sua intima avversaria se ne rendesse conto, per poi continuare risalendo verso la parte superiore del suo corpo nel caso in cui fosse riuscita a riprendere il controllo della sua energia demoniaca
Il confronto si risolse in pochi secondi, che alla guerriera albina sembrarono un’eternità. Ma Seayne tenne duro… anni di addestramento, punizioni, sofferenze e battaglie avevano temprato il suo esile corpo e i suoi esercizi spirituali avevano rafforzato il controllo della sua mente sul suo fisico e, in qualche modo, ricorrendo a tutta la sua determinazione, la guerriera albina resistette finché avvertì un cedimento da parte della sua intima avversaria. Con uno sforzo di volontà, Seayne riuscì a riassorbire in se parte dello yoki, riportandolo all’80% e, percependo di averlo a quel punto nuovamente sotto il suo controllo, si affrettò ad abbassarlo e, mentre la sua immagine mentale, urlando silenziosamente, regrediva dalla forma risvegliata a quella di una Seayne con la cicatrice delle guerriere che pulsava di luce purpurea, la guerriera albina estinse completamente lo yoki, dissolvendo completamente quell’immagine distorta di sé nella sua mente. Seayne riaprì gli occhi: era ansimante, inginocchiata sulla sabbia dell’arena con entrambe le mani poggiate a terra. D’istinto la guerriera albina alzò la mano destra per guardarla, realizzando che essa era tornata normale e, mentre sorrideva felice per lo scampato pericolo realizzò che si sentiva… svuotata, come se avesse affrontato una feroce battaglia, il che era ciò che praticamente era avvenuto. Lasciando che il suo corpo respirasse liberamente per iniziare a recuperare le energie e ricordando il motivo per il quale tutto questo era successo, Seayne si guardò attorno: vide allora che il maestro Duran aveva abbandonato gli spalti dell’arena per avvicinarsi a lei. Seayne lo rassicurò sul suo stato, poi il suo sguardo cadde sul manichino davanti a lei e notò che era distrutto anzi, tagliato in due! Ricordava a malapena di aver lanciato il fendente. Seayne riprese in mano la sua claymore e la utilizzò come un bastone per alzarsi e andare a guardare da vicino ciò che rimaneva del manichino corrazzato. Poi, ancora incredula, si rivolse con voce mite al suo superiore, chiedendo cosa fosse successo.
Il maestro Duran le confermò che quello che vedeva era effettivamente il risultato del suo attacco, un attacco talmente veloce e potente da lasciarsi dietro una scia di fuoco. Ma la gioia provata da Seayne per aver raggiunto quel risultato, venne ben presto smorzata dalle precisazioni del superiore riguardo tanto i rischi che la guerriera albina avrebbe corso utilizzando quella tecnica in battaglia, cosa che l’avrebbe lasciata esposta a un contrattacco nemico in caso di fallimento, quanto e soprattutto al pericolo legato alla possibile perdita del controllo dello yoki da parte sua. Tuttavia, ci fu una frase detta da Duran che ravvivò in lei la speranza di poter padroneggiare quella tecnica tanto letale quanto pericolosa, ovvero che la pratica rende perfetti. Seayne rifletté su quelle parole e sul successivo suggerimento dell’uomo in nero, che le disse in maniera più o meno velata che, se avesse capito di stare per perdere completamente il controllo di sé stessa, avrebbe potuto sempre utilizzare il suo braccio sinistro per porre un rimedio… definitivo alla situazione, almeno finché il suo conflitto interiore fosse rimasto confinato al suo braccio dominante. Seayne non fece una piega a quelle parole, accettandole per quello che erano, ovvero la verità. Triste, amara, ma pur sempre la verità. A quel punto, Duran si ritirò nuovamente sulle gradinate, affermando di essere al sicuro e lasciando a Seayne la decisione se effettuare o meno un ultimo tentativo. La guerriera albina giunse le mani davanti al petto e, chinando il capo in avanti con gli occhi socchiusi gli rispose che avrebbe tentato.
A differenza di prima, Seayne non richiamò alla mente l’immagine di se stessa risvegliata ma, al contrario, immaginò di creare un’armatura immaginaria per proteggere il suo braccio mentre richiamava ancora una volta il suo yoki al massimo livello possibile e impiegava tutta se stessa, fisicamente e mentalmente, cercando di colpire un altro manichino integro.
Grazie allo sforzo profuso e a prezzo delle sue ultime risorse tanto fisiche quanto mentali, Seayne riuscì a scagliare il suo fendente e a distruggere il secondo manichino corrazzato rendendosi perfettamente conto di quello che faceva. Passato il primo istante di meraviglia per aver visto con i suoi occhi gli effetti del suo fendente, soprattutto la scia di fiamme luminose, Seayne ricordò dettagli un po’ più… tecnici del suo attacco, come l’impressione che la corazza non fosse durissima come nei primi tentativi e comprese che il suo fendente velocissimo poteva supplire alla sua scarsa forza, La guerriera albina cercò di toccare la lama della sua claymore ma si accorse che era rovente: possibile che quella fiamma brillante l’avesse surriscaldata fino a quel punto? Non c’era da stupirsi davanti alla difficoltà che la guerriera albina aveva avuto nel dominare lo yoki e la sua metà oscura, vista la potenza in gioco. L’adrenalina abbandonò rapidamente Seayne che barcollò per un momento: era esausta! Duran le consigliò una giornata di riposo prima di qualsiasi altra cosa, prima di allontanarsi sbadigliando.
La guerriera albina seguì il suo consiglio, recandosi presso la celletta del dormitorio che era solita occupare quando si trovava al Quartier Generale. Toltasi l’armatura, si stese sul giaciglio e, guardando il cielo stellato fuori dalla finestra, si ritrovò così a pensare ai tempi andati e, improvvisamente, le tornò in mente una leggenda del Nord che le era stata raccontata quand’era piccola: la leggenda parlava di un grande guerriero che impugnava una spada incantata, dotata di una volontà propria dall’indole malefica, con la quale uccise un grande drago ma che, alla fine, fu la causa della sua stessa morte.
La guerriera albina vi trovò molte analogie con la sua nuova tecnica e così, mentre scivolava nel sonno, Seayne decise di battezzare la sua nuova tecnica col nome di quella spada leggendaria:

Gùrthang, il Ferro di Morte!

I am the one, the only one! I am the god of kingdom come! Gimme the prize!
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