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[In Missione] Scheda di Seayne (Nardo)
15-01-2018, 10:28 PM
Messaggio: #19
RE: [In Missione] Scheda di Seayne (Nardo)
CAPITOLO XVIII – LOVE IS A LOSING GAME

Era passata più di una settimana dall'ultima volta che Seayne aveva avuto notizie da Hughes, le ultime parole aprivano una possibilità seppur esigua di poterla mandare in missione nelle Terre dell'Est sebbene lei non fosse residente in quel territorio.
L'attesa era a dir poco snervante ma la meditazione era un buon metodo per far trascorrere il tempo e per regolare i propri respiri in modo tale da gestire al meglio la propria emotività: Seayne vi si dedicò in modo assiduo, al punto che alcuni animali iniziarono a considerarla parte del paesaggio.
Tuttavia, passarono solo sette giorni quando Hughes tornò da lei. Seayne era immersa nella sua meditazione, seduta nella posizione del loto, con le dita incrociate in grembo e gli occhi chiusi, davanti all’ingresso della sua piccola spelonca, perciò il superiore fu costretto a tossire e a schiarirsi la voce per scuotere la guerriera albina dal suo stato. Seayne socchiuse gli occhi e, vedendo di chi si trattava, chinò il capo e lo salutò, trattenendo le sue emozioni in attesa delle notizie portate dall’uomo in nero.
Seayne avrebbe dovuto recarsi a Scramen, la Città degli Artisti e luogo del suo test per attendere a un matrimonio celebrato dal Vescovo Tobias, una delle principali autorità ecclesiastiche nelle Terre dell'Est, il quale sembrava fosse favorevole a un avvicinamento tra Chiesa e Organizzazione per cui quella volta non ci si aspettava problemi, almeno non da lui e, probabilmente, dagli abitanti della città. Tobias stesso avrebbe dovuto pronunciare un importante discorso durante un matrimonio, dove avrebbe elogiato gli sforzi dell’Organizzazione, perciò la presenza di una Guerriera che attendesse al matrimonio e che facesse da guardia del corpo sarebbe stata vista come un incentivo al dialogo, un segno d'amicizia, soprattutto se fosse stata lei in persona ad assistere. La presenza della guerriera albina, visto il suo passato burrascoso proprio con Rabona, sarebbe stata interpretata come un segno estremo di fiducia, inoltre una Guerriera di alto rango non sarebbe stata vista come "una scelta di seconda mano", per mostrare che in fondo l’Organizzazione teneva a quell’accordo. Terminato l’incarico, alla guerriera sarebbe stato concesso ancora un po’ di tempo per sistemare le sue questioni… personali.
Seayne ci pensò su, prima di rispondere a Hughes, riflettendo bene a tutto quello che il superiore le aveva detto. Sulle prime, non le andava particolarmente a genio l’idea di avere nuovamente a che fare con un Vescovo di Rabona ma poi, a mano a mano che l’Uomo in Nero le descriveva l’intera faccenda, la sua percezione della situazione in divenire migliorò. E poi, il tutto doveva svolgersi a Scramen, la Città degli Artisti, la destinazione finale della sua ricerca…
Un ecclesiastico di Rabona tollerante da accompagnare nella città dove, forse, si trovava anche il suo amato Stephan… La guerriera albina non avrebbe osato sperare di meglio! Perciò, subito dopo la Numero 12 rivolse uno sguardo pieno di gratitudine verso il suo superiore, il quale le descrisse per sommi capi l’aspetto del vescovo Tobias, per poi iniziare a prepararsi per la sua nuova missione: se fosse partita subito, sarebbe arrivata a Scramen il giorno prima del Matrimonio.
Mentre scendeva dalle montagne delle Terre Centrali, per evitare di rimuginare troppo sulla situazione, la guerriera albina concentrò la sua attenzione sul maestoso paesaggio che la circondava: le imponenti conifere montane, poco alla volta, lasciarono il posto a boschi di querce, lecci e faggi, mentre la Numero 12 scendeva verso valle. Al suo sguardo attento non sfuggirono gli uccellini che cinguettavano tra le fronde, gli scoiattoli che balzavano di ramo in ramo, timide volpi che fuggivano dalla sua presenza e una femmina di cinghiale con i suoi piccoli, pronta a sfidarla per proteggerli: Seayne decise di evitare il confronto, cambiando strada.
Mentre il tempo passava e i chilometri scorrevano sotto i suoi piedi, anche i boschi iniziarono poco per volta a diradarsi, cedendo il posto a prati incolti prima e a campi coltivati poi, mentre Seayne si manteneva sul ciglio della strada, evitando di intralciare il passo degli uomini intenti ai loro affari ma rispondendo gentilmente a quei rari saluti che, forse per pietà o compassione, le erano rivolti.
L’ultima notte prima di arrivare, Seayne si concesse un po' di riposo, in modo tale da presentarsi al massimo della forma al cospetto del Vescovo Tobias e all’alba, fresca e riposata, avvistò in mezzo alla piana il robusto anfiteatro che costituiva le mura di cinta di Scramen, la Città degli Artisti.
Guardandola, Seayne non poté fare a meno di rivivere tutto quanto le era accaduto da quando, senza armatura e con un’anonima claymore in spalla, si era presentata alle porte cittadine… senza trovarle! Seayne rise di se stessa. E, per evitare di tormentarsi con i ricordi tristi, mentre si avvicinava alla città, Seayne ricorse all’ausilio dei suoi esercizi respiratori e concentrò i suoi pensieri su altre persone, come la guardia che prestava servizio alle mura e il piccolo Lak. Questi erano i pensieri della guerriera albina, mentre si dirigeva verso il punto delle mura di Scramen dove sapeva che si trovavano le porte della città…
Le mura delle città erano ancora più maestose di quanto Seayne ricordasse o, forse, era solo l'effetto causato dalla malinconia: lì era dove tutto era cominciato, la sua lunga carriera da Guerriera aveva avuto inizio proprio da quel luogo. La fecero entrare all'interno della città, probabilmente qualcuno aveva già annunciato il suo arrivo alle guardie, e lo spettacolo che la attendeva era ancor più maestoso del precedente: la via principale era decorata con festoni colorati, coriandoli, bandiere variopinte e una moltitudine di persone attraversava le vie, chi con un dolce in mano per i propri figli e chi discuteva animatamente con il proprio compagno riguardo questioni economiche. Di tanto in tanto la gente si spostava, lasciando passare alcuni artisti di strada: giocolieri, sbandieratori, musicisti; era una continua parata felice e quasi nessuno prestò attenzione a Seayne la quale, forse per la prima volta da quando era diventata quella che era, si sentì a suo agio. Così, per un po' di tempo, la Numero 12 si lasciò contagiare dall’euforia generale che la circondava, finché il suo sguardo individuò, in fondo alla via, la cattedrale.
Certa che il Vescovo Tobias, si trovasse lì, la guerriera albina iniziò a estraniarsi dall’euforia che la circondava. Ma un dilemma la attanagliava: presentarsi subito dal Vescovo o mettersi a cercare Stephan? Seayne rammentò le parole di Hughes il quale le aveva detto che, FINITA la cerimonia, avrebbe avuto tutto il tempo per risolvere le sue questioni in sospeso, perciò la guerriera albina si risolse a vedere prima come stessero le cose con Sua Eccellenza, per poi vedere il da farsi. Presa la sua decisione, Seayne iniziò a camminare in direzione della cattedrale, cercando comunque di apprezzare fino all’ultimo momento il clima di gioia ed euforia che la circondava.
Però due guardie armate di piccone decisero di fermarla, bloccandole l'accesso all'edificio di culto con fare titubante; era ovvio che sapessero del suo arrivo ma al tempo stesso non potevano lasciarla entrare, specialmente in quel luogo. Si consultarono brevemente e, uno dei due, andò a chiamare una terza persona che decise di accogliere Seayne in un palazzo comunale lì vicino; in pratica, la accolsero in una saletta d'attesa riccamente adornata con drappi color porpora e poltrone ben rifoderate e comode, assicurandole che avrebbero avvisato il Vescovo e chiedendole di attendere lì. L’attesa si fece noiosa, specie quando la gente ci impiegava più di quaranta minuti per decidere, perciò Seayne decise di ingannare il tempo sedendosi a terra per non danneggiare i mobili, assumendo poi la sua consueta posizione del loto, poggiando la sua arma a terra davanti a sé, rilassandosi e respirando, ma senza entrare in uno stato di meditazione troppo profonda, in modo tale da lasciar scorrere il tempo attorno a lei ma di essere consapevole quando qualcuno sarebbe tornato a chiamarla.
Dopo un po’ di tempo, Seayne non avrebbe saputo dire quanto, la guerriera albina udì dei passi leggeri e quasi zoppicanti nel corridoio e poi qualcuno bussò gentilmente alla porta. Credendo, forse a causa del passo zoppicante e dell’esitazione nel bussare, che potesse trattarsi del Vescovo, Seayne si rialzò velocemente e, istintivamente, rimise la claymore nel fodero. Lentamente, la porta si aprì e un uomo si affacciò timidamente ma colui che fece la sua comparsa non era il vescovo, ma un uomo giovane e bello, con i capelli neri, la pelle color ambra e gli occhi verdi. Non appena lo vide, il cuore di Seayne iniziò a martellarle furiosamente nel petto e i suoi occhi d’argento si riempirono di lacrime, mentre il suo rigido autocontrollo si spezzava sotto l’impeto dell’emozione che l’aveva travolta. Finalmente, dopo tanto tempo, tanto dolore e tanta disperazione, Seayne aveva ritrovato il suo Stephan!
I minuti che seguirono furono degni delle migliori storie d’amore, impreziositi da caldi abbracci, baci appassionati e lacrime di felicità, mentre i due amanti si lasciarono trasportare dai loro sentimenti, così a lungo repressi. Seayne aveva ritrovato il suo amore ma quella maledetta notte a Rabona aveva lasciato i suoi segni su di lui, rendendolo leggermente zoppo. Finalmente Seayne trovò in lei la forza per chiedergli perdono e non solo lo ottenne ma dovette confrontarsi con la determinazione di Stephan il quale, ora che l’aveva ritrovata, non voleva più separarsi da lei, per nessun motivo anzi, le fece addirittura capire di volerla prendere in moglie! Seayne, visto quanto accaduto, cercò in tutti i modi di dissuadere l’amato temendo che, se lui le fosse vissuto accanto, avrebbe finito col morire o morire di dolore se fosse stata lei a venire uccisa durante una missione. Fu tutto inutile: nemmeno la vista del suo corpo deturpato riuscì a convincerlo e alla fine Seayne, dolcemente turbata da una delicata carezza, cedette, inconsciamente felice che il suo amato non avesse rinunciato a lei, giurando a sua volta amore eterno al suo uomo.
A quel punto, Stephan cambiò discorso, sostenendo che i due avessero un sacco di lavoro da fare. Il Vescovo, infatti, gli aveva chiesto di accogliere la Guerriera, essendo Sua Eccellenza molto indaffarato. Non c'era nessun ordine diretto per Seayne così lei, su gentile richiesta del suo amato, e ricordando il suo villaggio in festa per un matrimonio quand’era una bambina, decise di aiutare quest’ultimo a ultimare alcuni preparativi in vista delle nozze, al termine delle quali il suo attore si sarebbe esibito. Una volta finito, lui l’avrebbe accompagnata a una locanda, dove la Numero 12 avrebbe potuto dormire e… sarebbe venuto lui stesso a svegliarla il mattino dopo, per andare assieme alla cerimonia. Seayne se ne uscì con un commento malizioso, dettato più dal desiderio di avere Stephan tutto per lei che per cattiveria ma, visto l’imbarazzo che gli aveva provocato, si scusò con lui e i due si avviarono assieme al padiglione preparato per le nozze, mentre Stephan rinviava la provocazione della guerriera albina a dopo che avessero celebrato la loro unione.
Il suo amato la portò nuovamente attraverso le vie della città in festa, fino all'interno di un edificio, dove c’era un piccolo altare finemente e riccamente adornato di fiori bianchi, un piccolo palco per l’esibizione di Stephan e poi tante sedie e posti in piedi per ospitare più di un centinaio di persone: tante, viste le dimensioni della città. Mancavano gli ultimi ritocchi, le ultime ghirlande di fiori, le ultime sedie, gli ultimi tappeti rossi stesi, mentre i petali delle rose bianche davano un profumo che Seayne fiutò con gli occhi chiusi, immaginando di essere lei a inginocchiarsi su quell’altare, con indosso un abito per una volta diverso dalla sua uniforme e con Stephan al suo fianco, provando poi una punta d’invidia per quella sconosciuta coppia di umani che di lì a poche ore avrebbero consacrato la loro unione davanti al loro dio. Ma subito dopo la Numero 12 si riscosse e, toltasi l’armatura, si mise a lavorare, quasi a voler scacciare quei pensieri e distogliere la sua mente da quel turbinio di sensazioni e sentimenti che la stavano facendo vacillare.
Mentre i due amanti lavoravano, per una volta tanto senza che gli altri operai dessero l’impressione di essere disturbati dalla presenza della mezza demone, Stephan le raccontò che a Scramen c’era sempre stata una specie di spaccatura interna, per non dire una guerra civile, guidata da due famiglie: una sosteneva la superiorità dell'arte canora mentre l'altra come Stephan stesso, dell’arte teatrale ma, in qualche modo i successori delle due famiglie, Mariotto e Ganozza, erano sono riusciti ad andare oltre e ad amarsi. Ovviamente, all’inizio, le due famiglie erano fortemente contrarie a questa unione ma alla fine, grazie all'amore, i due giovani si erano uniti e le due famiglie si erano riappacificate. E il matrimonio avrebbe suggellato quella pace. Stephan lasciò poi il discorso in sospeso, anche se non era difficile capire dove voleva andare a parare…
Poi, alcune guardie iniziarono ad avvicinarsi: quello che c’era da fare era stato fatto ed era giunto il momento di andarsene. Seayne iniziò a raccogliere la sua armatura e la sua claymore, rimettendosele addosso, mentre rifletteva sulle ultime parole sue e del suo amato, mentre il suo conflitto interiore tra i suoi sentimenti, la consapevolezza di quello che era, la sua fedeltà all’Organizzazione e la paura del domani era ancora in pieno svolgimento. La vicinanza di Stephan stendeva un velo di felicità su quel conflitto, nascondendolo ai pensieri della guerriera albina ma esso covava sotto a quel velo e prima o poi si sarebbe giunti al dunque: per quanto sincero fosse il sentimento della guerriera albina, lei avrebbe potuto permettere a Stephan di seguirla in quell’incubo a occhi aperti che era la sua vita, sapendo che la morte era in agguato nelle tenebre del suo futuro? Avrebbe messo costantemente in pericolo la vita del suo amato per l’egoistico desiderio di averlo con sé, sapendo di poter essere la causa diretta o indiretta della sua morte?
Stephan, la cui andatura zoppicante sembrava un po’ peggiorata, forse a causa della fatica di quelle ore di preparativi, ebbe comunque la forza di accompagnare la sua amata guerriera fino all’ostello che le aveva prenotato per la notte e, per una guerriera oramai abituata a vivere in spelonche e ricoveri di fortuna, l’alloggio sembrava più che sufficiente per le sue esigenze. Il suo amato la salutò prima di andarsene, dopo averla accompagnata fino alla camera che le aveva riservato e dopo averle augurato la buona notte con un leggero bacio sulla fronte, mentre Seayne continuò a guardarlo finché il suo amato uscì dalla sua visuale.
Combattuta tra il suo amore per Stephan, la paura che potesse accadergli qualcosa standole vicino e se fosse giusto o no strapparlo alla sua arte o, per meglio dire, alla sua vita, Seayne sentiva di aver bisogno di rilassarsi e meditare su quanto accaduto in quella giornata intensa. Il suo comportamento contraddiceva gli insegnamenti che tanto si era sforzata di apprendere. La guerriera albina sentiva di aver perso parte del suo equilibrio tanto faticosamente raggiunto e una parte di lei bramava di ritrovarlo. Senza attendere oltre, portò una mano alla maniglia della porta, per entrare nella stanza che Stephan aveva prenotato per lei.
La stanza era piccola ma, per le abitudini di una guerriera dell’Organizzazione, confortevole. Seayne sorrise soddisfatta e iniziò a togliersi di dosso claymore e armatura, disponendole con ordine sul pavimento vicino al letto e, dopo essersi rinfrescata, indossato nuovamente la sua uniforme e aver dato un’occhiata distratta fuori dalla finestra, decise che era giunto il momento di meditare. Quando Seayne riemerse da quella condizione, si era oramai fatta notte e, senza perdere altro tempo, Seayne si stese sul letto, assopendosi quasi subito. Ma il suo non fu un sonno tranquillo…
In sogno, la Numero 12 stava combattendo contro un Divoratore grosso e forte: riuscì a ucciderlo ma, alla fine, si accorse che il suo amato era rimasto ucciso da un attacco con gli artigli destinato a lei e che lei aveva schivato… Seayne gridò, disperata e si svegliò di soprassalto! Aveva gridato per davvero? Intanto, il cielo fuori dalla finestra stava lentamente assumendo i colori dell’alba e Seayne, col corpo che ancora tremava per l’immaginario spavento si alzò dal letto e, cominciando a respirare in maniera cadenzata per calmarsi, asciugandosi le lacrime che le erano salite agli occhi, guardò fuori dalla finestra, osservando il sole sorgere e la città di Scramen svegliarsi, aspettando Stephan con le braccia strette attorno al corpo e cercando in se stessa una risposta che, forse, non era in grado di dare…
Poco dopo, tre colpi alla porta attirano la sua attenzione: si tratta, ovviamente, di Stephan che è venuto a prenderla per poterla scortare fino al luogo della cerimonia ma, appena la vide, notò il suo volto rigato di pianto e incupito a causa dell'incubo e, con fare estremamente premuroso, raccolse i pezzi di lei e poggiandole entrambe le mani sulle spalle la fissò per poi abbracciarla teneramente, chiedendole cosa fosse successo. Seayne gli raccontò il suo incubo e, approfittando di quel momento, riuscì finalmente a tirare fuori quel che si teneva dentro, confessandogli tutte le sue ansie e le sue paure di quel che sarebbe potuto succedergli se lui l’avesse seguita. La reazione dell’amato la colse alla sprovvista: non solo lui si comportò freddamente ma, evidentemente deluso dall’atteggiamento della guerriera albina, la invitò a riflettere sui suoi sentimenti e, detto questo, lui si avviò al matrimonio… da solo. Seayne avrebbe voluto seguirlo per dissipare i suoi dubbi e dirgli di volerlo con sé e per sé ma ci rifletté su un attimo di troppo e, quando finalmente la Numero 12 si mosse, lui si era già dileguato nella fresca brezza mattutina.
Poco male, in fondo, al matrimonio ci sarebbe dovuto essere anche lui e le occasioni per parlarsi, forse prima ma probabilmente dopo la cerimonia, non sarebbero mancate. Questi erano i pensieri di Seayne mentre iniziava ad avviarsi in direzione del padiglione degli sposi. Fu allora che un insistente ticchettio sul selciato attirò la sua attenzione. La guerriera albina buttò un’occhiata dietro le sue spalle solo per scorgervi una ragazza evidentemente cieca, visto che la poveretta aveva gli occhi fasciati e, per l’appunto, testava il suo cammino aiutandosi con un bastone, il quale produceva il ticchettio che aveva udito Seayne. D’istinto, la Numero 12 si fermò, allungando un braccio in direzione della poveretta, quasi avesse avuto l’intenzione di avvicinarsi a lei per aiutarla ma poi, all’ultimo momento, si fermò: preferiva non disturbare coloro che potevano rimanere ignari del suo passaggio. In fondo, la giovane con le punte di capelli rossicci se la stava cavando senza nessun aiuto e Seayne non voleva che le creassero problemi se qualche cittadino di Scramen meno felice degli altri, vedendole assieme, se la prendesse con la poveretta non potendo, per ovvi motivi, dare fastidio a lei. Gli eventi di Salt Lake, con le arringhe del Vescovo Elros contro gli impotenti villici, erano, infatti, ancora ben presenti nella memoria della Numero 12 e, non conoscendo il Vescovo Tobias, non sapeva ancora se e quanto fidarsi di lui. Così, la guerriera albina riprese a camminare in direzione del padiglione preparato per il matrimonio, pensando agli affari propri ma senza rinunciare a guardare ogni tanto in direzione della ragazza cieca, finché l’avesse avuta in vista o avesse continuato a udire il ticchettio del suo bastone, pronta comunque a tornare sui suoi passi e provare a offrirle aiuto se l’avesse vista in difficoltà.
Arrivata nella piazza gremita di persone, Seayne ebbe l’impressione che tutti i colori, tutta l’allegria che aveva visto a Scramen sembravano essersi concentrati in quel padiglione e la guerriera albina dovette lavorare di gomiti per raggiungere il suo posto tra quella gente; cosa per lei strana e nuova giacché, di solito, la gente tendeva a scansarla con malcelato disprezzo. Persino Stephan, vestito a gran festa e illuminato dal sole, sembrava ancora più bello di quanto Seayne avesse mai visto. La Numero 12 non ebbe però il tempo di avvicinarsi all’amato per comunicargli la sua decisione, perché di lì a poco la cerimonia iniziò e la guerriera dovette limitarsi a sorridere all’amato e rivolgergli un cenno d’assenso con la testa. Alla fine del rito la sposa, evidentemente commossa, pronunciò un breve discorso nel quale prima ringraziò i presenti e chi aveva aiutato a rendere quella giornata indimenticabile poi, con tono un po’ più triste, forse al ricordo di un fratello che non sembrava esserci più, ringraziò i suoi genitori e quelli del suo sposo per aver abbandonato la loro profonda rivalità per consentire ai due giovani di sposarsi, citando la forza dell’amore per poi ringraziare proprio lei, la loro “guardia del corpo”, lasciando la guerriera albina senza parole e in preda allo stupore! Mentre alcuni dei presenti, commossi iniziarono a piangere e altri invece applaudivano, Seayne ringraziò silenziosamente la sposa per le sue belle parole, congiungendo le mani sul petto e chinando la testa con gli occhi socchiusi, un attimo prima che la voce del Vescovo, il quale aveva appena terminato di celebrare le nozze, sovrastasse tutte le altre, minacciando gli sposi, prima che le sue sembianze iniziassero a mutare, assumendo i connotati tipici di… uno Yoma!
Prima che tutti i presenti, Seayne compresa, potessero reagire, lo Yoma completò la sua trasformazione e con una manata colpì violentemente lo sposo, che volò distante per diversi metri. Ganozza iniziò a urlare disperata, mentre il demone la prese di peso e la sollevò in aria: con un balzo saltò sopra il tetto dell'edificio stringendo a sé la donna. Ma Seayne non aveva nessuna intenzione di farlo scappare: dopo aver tentato di rivolgere uno sguardo fugace verso Stephan, poiché l’avversario sembrava abbastanza agile, la Numero 12 liberò il 10% del suo yoki, estrasse la sua claymore e, sfruttando gli edifici come sponde, iniziò con una serie di balzi a inseguire lo Yoma, cercando di non farsi distanziare da lui, puntando sul demone la sua Percezione e facendo attenzione per essere pronta a cercare di schivare o tagliare via gli artigli che, eventualmente, le fossero stati scagliati contro. La Numero 12 non poteva sapere se Hughes l’avesse mandata a Scramen perché sospettava della presenza dello Yoma o se, viste le parole di Ganozza, i parenti degli sposi avessero pagato per averla qui. Non importava. La guerriera albina aveva deciso di seguire il suo istinto di cacciatrice, tanto più che non voleva che il demone facesse del male alla sposa… Senza contare poi che la sua parte violenta e selvaggia, quella che Seayne si sforzava di domare, gioiva all’idea di uccidere quello che, fino a poco prima, era stato un esponente di spicco del Clero di Rabona.
Lo yoma era veloce e, pur stringendo a sé la povera Ganozza, la quale non poteva fare altro se non urlare a pieni polmoni tutto il suo terrore, riuscì all’inizio a mantenere la distanza, rinunciando però ad attaccare. Per parte sua Seayne, dopo aver intravisto per un istante Stephan che sembrava voler portare soccorso alla ragazza cieca che la Numero 12 aveva visto mentre si recava al matrimonio e ignorando il caos che era scoppiato nel padiglione, cercava di non farsi distanziare dal demone, finché un grido, un grido emesso non da Ganozza ma dallo stesso Stephan, le gelò il sangue nelle vene! Era indubbiamente la voce dell’uomo che amava: qualcosa non era andato per il verso giusto e, evidentemente, il suo bell’attore era in difficoltà. La guerriera albina era disperata, mentre le tornava in mente l’incubo avuto la notte precedente. Da dove si trovava non poteva vedere la zona del padiglione nuziale e quindi, per sapere cosa stesse accadendo al suo amato avrebbe dovuto tornare indietro… abbandonando la sposa a se stessa… Fu in quel momento di profonda indecisione che tutti i mesi di meditazione e disciplina le vennero in aiuto. Infatti, alla guerriera albina sembrò di udire nella sua testa la voce gentile del suo maestro Tahzay, che citava un aforisma a lei ben noto, che incitava la discepola a compiere il proprio dovere, senza attaccamento ai frutti dell'azione, per quanto piacevoli o spiacevoli essi potessero essere.
Seayne prese la sua dolorosa decisione: a parte Ganozza e il suo matrimonio, la Numero 12 non poteva ignorare quanto stava succedendo; non poteva ignorare che il Vescovo Tobias, il quale avrebbe dovuto essere una persona favorevole a Staph e alle guerriere come lei era, in realtà, uno yoma! La guerriera albina non poteva capire: poteva solo cercare di abbattere il mostro e portare i suoi resti come prova ai suoi superiori. Era una cosa importante, più importante di lei e… Stephan… Così, con il suo cuore e la sua anima ancora lacerati dal senso del dovere, Seayne alzò il suo yoki al 30% e, mentre i suoi lineamenti delicati venivano sostituiti dalla sua forma da demone, stringendo l’elsa della sua claymore, gridando e piangendo per la disperazione si lanciò nuovamente di corsa sulla scia dello yoma, mantenendosi sempre in guardia e pronta a tagliare via eventuali artigli in arrivo, sperando di ridurre la distanza grazie all’incremento di yoki e
Sperando in cuor suo che Stephan potesse in qualche modo tenere duro fino al suo ritorno.
La disperazione che attanagliava il cuore di Seayne non le permise di pensare con lucidità e per questo la guerriera albina si ritrovò addosso allo yoma prima di quanto avesse creduto e lo scaltro demone riuscì ad approfittare della sua momentanea esitazione, afferrandola per la spalla sinistra e buttandola giù dal tetto. Mentre stava per cadere, la Numero 12 udiva ancora le grida di Stepan solo che… le urla non venivano da sotto di lei. D’istinto, Seayne girò la testa in quella direzione, solo per vedere all'orizzonte altre due figure sui tetti: Una di esse la riconobbe come Stephan mentre la seconda… Da come si muoveva, poteva essere un’altra guerriera? Eppure la guerriera albina non percepiva nessun altro yoki, a parte quello dello Yoma che l’aveva buttata giù dal tetto e, da come la figura che aveva rapito Stephan si muoveva, un ricordo sopito venne stuzzicato nella mente di Seayne la quale mentre cadeva e la sua mano sinistra si protendeva verso il suo uomo, cercando un impossibile contatto con lui, gridò vanamente il nome del suo amato.
L’impatto col suolo o, meglio, con una bancarella piena di abiti la fece tornare alla realtà, anche se più che l’urto fu uno dei paletti di metallo della struttura che, incontrata la sua carne, le inflisse una brutta ferita, l’ennesima, allo stomaco. Seayne quasi non urlò di dolore, tanto era abituata a subire ferite sempre in quel punto, ma non era ancora finita: lo Yoma, infatti, atterrò pesantemente nelle sue vicinanze e la afferrò con la mano destra per il collo, stringendoglielo e tenendola nello stesso tempo a terra mentre, con la mano sinistra, teneva ancora stretta a sé la povera Ganozza. Però la caduta e, soprattutto, la ferita, anziché fiaccare Seayne, contribuirono a scuoterla, strappandola dalla sua disperazione e costringendola a tornare alla realtà. Scacciando gli altri pensieri e concentrandosi solo sulla battaglia, Seayne afferrò con la sua mano sinistra il polso destro dello Yoma, stringendolo con tutta la sua forza, provando una truce soddisfazione quando udì le ossa del braccio dello yoma spezzarsi sotto la sua presa mentre, vista l’esiguità dello spazio disponibile tra lei e il demone, prestando attenzione alla posizione di Ganozza, portò la sua claymore di piatto tra lei e l’avversario, con la punta rivolta verso le loro teste ma tenuta al di sotto delle stesse. Poi, stringendo i denti per resistere al dolore che di lì a poco sarebbe seguito, la guerriera albina rilasciò il bagliore della sua Polaris al livello inferiore, vista la vicinanza dell’avversario, per accecare il demone, conficcandogli con tutte le sue forze la punta della spada al di sotto della mascella, per impalargli il cranio, risolvendo così lo scontro.
Ansimando per il dolore e lo sforzo profuso, la Numero 12 si alzò in piedi, cercando di sforzarsi per sentire le urla di Stephan, ma fu inutile: le urla della sposa, nel frattempo liberatasi dalla presa dello yoma oramai morto, sovrastavano qualunque altro suono che, eventualmente, si sarebbe potuto udire. Seayne era infastidita e contrariata dal fatto che, sia pure involontariamente, Ganozza le impediva di udire qualsiasi cosa, ma poi la guerriera albina capì la ragione di quei lamenti: la sposa era rimasta accecata dal lampo di Polaris e adesso, terrorizzata com’era, temeva d’aver perso la vista per sempre. Seayne rimembrò l’addestramento nella biblioteca con Cort prima e Duran poi, e tutte le volte che aveva utilizzato la sua abilità in battaglia: aveva ideato Polaris apposta per mettere temporaneamente fuori combattimento gli umani senza arrecar loro un vero danno. La guerriera albina sapeva che la cecità di Ganozza sarebbe sparita presto solo che la sposa era ancora spaventata a morte. Seayne voleva inseguire Stephan ma temeva che, se avesse lasciato Ganozza da sola in quello stato, sarebbe potuto venirle un accidente e, in questo caso, sarebbe stata davvero colpa sua.
Con un sospiro e stringendo i denti per la fitta di dolore che ne sarebbe seguita, Seayne azzerò il suo yoki per cercare di evitare che, nel momento in cui Ganozza avesse ripreso la vista, si spaventasse di nuovo vedendo come prima cosa il suo volto da demone e, rimessa nel fodero la sua claymore, s’inginocchiò di fronte alla terrorizzata sposa, poggiandole delicatamente le candide mani sulle spalle, per poi parlarle con voce gentile, cercando di calmarla e confortarla. Il dolore fisico allo stomaco di Seayne si sommava a quello interiore per la nuova perdita del suo Stephan. Ma la pietà e il senso del dovere della Numero 12 le impedivano di abbandonare la ragazza e quindi la guerriera albina rimase con lei, attendendo che si riprendesse abbastanza da poterla ricondurre dai suoi parenti.
Seayne oramai, era sufficientemente esperta da non aspettarsi gratitudine per il suo gesto: nemmeno Ganozza, sebbene le desse l’impressione di provarci, riuscì a ringraziarla. Così la guerriera albina lasciò che gli scontati e malevoli commenti degli abitanti di Scramen le scivolassero addosso, come gocce di pioggia su un vetro finché… mentre i parenti della sposa la portavano via, Seayne udì che lo sposo era morto, probabilmente ucciso dal primo attacco dello yoma. La notizia le fece più male della ferita allo stomaco: Seayne aveva sacrificato tutto anche nella speranza di poter salvare Ganozza e restituirla allo sposo, aveva cercato di fare in modo che, se non per lei, almeno per i due rampolli degli artisti ci potesse essere un lieto fine. Ma tutto era stato inutile… Ganozza era rimasta vedova il giorno stesso delle sue nozze e lei aveva perso tutto… Il peso di tutta questa situazione fu troppo per Seayne, che rimase in ginocchio, piegata su se stessa dal dolore fisico e morale, incapace persino di piangere, mentre il ricordo delle urla di Stephan, sempre più lontane, riecheggiavano come una sinistra eco nella sua mente. Per quanto tempo la guerriera albina rimase così? Lei stessa non avrebbe saputo dirlo. Fu solo grazie al dolore del paletto di metallo piantato in corpo che, alla fine, la Numero 12 si riscosse.
Senza paventare nessuna emozione, Seayne si strappò di dosso il paletto di metallo, rifiutandosi di urlare alla fitta di dolore che ne seguì poi, sedendosi sul bordo della strada, liberò il suo yoki per rigenerarsi, partendo ovviamente dalla ferita allo stomaco, per poi passare a quella alla spalla. Seayne non pensava a nulla che non fosse la guarigione, non le importava se qualcuno l’avesse vista o, meglio, avesse visto i suoi occhi da gatta brillare di una innaturale luce dorata. L’unica cosa che, in quel momento le premeva, era completare la cura delle sue ferite. Finito che ebbe, Seayne si prese alcuni minuti per riflettere, prima di decidere la mossa successiva, così le sovvenne che il rapitore saltava sui tetti con un’agilità simile alla sua, per di più portandosi dietro Stephan che sembrava non essere molto d’accordo, quindi era anche forte: per quanto ci riflettesse, la Numero 12 non riusciva a pensare ad altro che a una come lei…Chi poteva mai aver fatto una cosa del genere?
Gli occhi di Seayne si sbarrarono all’improvviso, quando realizzò che la figura non emanava yoki, quindi non era uno yoma. Andando per esclusione, poteva essere solo una guerriera agile e che non emette yoki. Una che aveva preso il farmaco inibitore? Oppure… CATERINA??? La ribelle che aveva incontrato nel suo incarico precedente, colei che si fingeva la dea Teresa e che lei aveva lasciato andare per salvare le apparenze a Salt Lake? Più Seayne ci pensava, più era convinta che i suoi sospetti fossero fondati anche perché la ragazza cieca soccorsa da Stephan… Si nascondeva forse gli occhi per non farli vedere? Se così fosse, potrebbe essere stata proprio Caterina? Una guerriera che ha preso il farmaco non avrebbe avuto bisogno di nasconderli.
Con quel tremendo pensiero che le attanagliava lo stomaco, senza la possibilità di provare i suoi sospetti, con troppe domande e nessuna risposta, Seayne si rese conto di aver bisogno, ora più che mai, dell’aiuto dell’Organizzazione. Perciò, senza perdere altro tempo, la guerriera albina riprese la sua claymore e decapitò lo yoma, poi prese uno dei vestiti rovinati dalla sua caduta sul chiosco e dal sangue suo e dello yoma per avvolgere il suo trofeo. Lasciò qualche bera, come una sorta di risarcimento al mercante della bancarella distrutta, per quanto misero e s’incamminò in direzione di Staph: doveva assolutamente tornare al quartier generale.
Nei pensieri della Numero12 un’idea stava prendendo forma ma, per vedere se avrebbe potuto realizzarla, ora più che mai, avrebbe dovuto discuterne con un superiore. Così, la guerriera albina, raccolto il fagotto che conteneva la testa di chi era stato il Vescovo Tobias, senza una parola di saluto per nessuno e senza mai voltarsi indietro, s’incamminò al tramonto sulla strada che l’avrebbe riportata al quartier Generale. Lungo la strada, gli aforismi sulla sofferenza del maestro Tahzay le risuonavano nella mente, quasi che dall’aldilà il buon eremita cercasse di confortare la sua allieva con la sua voce gentile e i suoi insegnamenti che la Numero 12 stava con enorme fatica cercando di fare suoi ma, la situazione che Seayne stava vivendo in quel momento non la aiutava di certo. Persa nei suoi pensieri, Seayne viaggiò di notte e di giorno finché, al tramonto del giorno successivo, avvistò una figura in piedi sulla sommità di una collinetta rocciosa e sabbiosa, dalla quale si poteva vedere una città senza nome, abbandonata da tempo immemore, dove molte novizie sostenevano il loro test… non lei però.
Era proprio Hughes, il suo mandante, colui che le aveva conferito quell’incarico e, implicitamente, il permesso di cercare Stephan, la figura in piedi sulla collinetta e colui che le chiese, sia pure gentilmente, un rapporto immediato. Seayne rivolse al superiore il consueto saluto a mani giunte sul petto e la testa con gli occhi socchiusi reclinata leggermente in avanti, poi afferrò il fagotto che aveva con sé e lo lanciò in avanti, cercando di farlo atterrare alla base della collinetta e, con una voce priva inizialmente di qualsiasi inflessione emotiva, la quale però cedette più volte di lì a poco, raccontò al superiore quanto accaduto a Scramen, iniziando col presentargli la testa dello Yoma Tobias. Alla fine del rapporto, Seayne si ricompose e, dopo aver preso fiato e lasciato un po' di tempo a Hughes di assimilare tutte quelle notizie, fissando il superiore negli occhi con uno sguardo che, più che d’argento in quel momento sembrava d’acciaio, con voce ferma decise di ringraziare l’Uomo in Nero per l’opportunità che comunque le era stata offerta e passò a esporre la sua idea.
Aveva i suoi motivi per sospettare che la figura che aveva visto, yoki o no, non potesse essere una donna normale… O era una risvegliata in forma umana abile a nascondere il suo yoki che “per caso” ha scelto di prendere proprio Stephan, oppure era una compagna che aveva assunto il farmaco inibitore ma, in questo caso non capiva il motivo del rapimento del suo uomo, sempre che l’altra non avesse del risentimento nei miei confronti e, per quanto ricordava, solo Gaia, la Numero 5 sembrava averne ma non credeva che la compagna si fosse spinta a tanto per una sconfitta in arena. Il che, per quanto strano, portava a pensare alla ribelle che aveva incontrato nell’ultima missione, quella che si fingeva la dea Teresa e che, come questa, non sembrava emanare yoki nonostante la sua estrema agilità e che Stephan stava soccorrendo una ragazza cieca quand’è scoppiato il caos, il che potrebbe far pensare che nascondesse gli occhi d’argento ma… Seayne non ne poteva più, non capiva e sperava solo di aver agito per il meglio.
Poi, rendendosi conto di essersi probabilmente resa ridicola agli occhi del superiore, con uno sforzo di volontà, agevolato dal fatto di essere riuscita a confidarsi con qualcuno, anche se solo per fare rapporto, la guerriera albina si ricompose e, nuovamente con voce ferma, concluse chiedendo che, se l’Organizzazione decidesse di regolare i conti con quella guerriera misteriosa, chiunque essa sia, lei potesse partecipare alla sua caccia. Quella richiesta non avrebbe contravvenuto alle regole e, forse non sarebbe stato troppo difficile trovare una che, probabilmente, si fingeva cieca e che si portava dietro un bell’uomo dagli occhi verdi il quale, forse, la seguiva di controvoglia. A quel punto, non avendo altro da dire, Seayne chiese il permesso di congedarsi e un’uniforme di ricambio, quindi rimase lì, in attesa di ulteriori domande da parte del superiore o di essere congedata, bramando che quella faccenda si concludesse presto: aveva bisogno di tornare al suo rifugio per riprendere i suoi esercizi spirituali al fine di ritrovare il suo equilibrio, compromesso da quella brutta faccenda.
Osservando la prima reazione di Hughes, Seayne ebbe l’impressione di aver deluso le attese del suo superiore. Con un sospiro, la guerriera albina irrigidì il suo corpo, preparandosi a essere percossa, se non peggio, dall’Uomo in Nero, ma il calcio che Hughes scagliò, non era diretto a lei. Se ne rese conto quando vide volare in aria e ricadere a terra la testa dello yoma che era stato il Vescovo Tobias, mentre il superiore sfogava la sua frustrazione per la brutta piega che avevano assunto gli eventi prorompendo in una sequenza di imprecazioni. Poi, Hughes provvide a dipanare i dubbi riguardo la presenza nella zona di Scramen di altre guerriere: semplicemente non ce ne dovevano essere il che, almeno nei pensieri di Seayne lasciava pochi dubbi su chi poteva essere la responsabile del rapimento di Stephan. Ma quando l’Uomo in Nero pronunciò il nome del suo amato, inspiegabilmente si bloccò: perché? Forse che anche Stephan era coinvolto nelle trattative tra l’Organizzazione e Rabona? Forse era per questo che il suo bell’attore era così sicuro di poterla… sposare? Qualcosa non le tornava, soprattutto quando Hughes affermò che non era affar loro ciò che lei faceva con una persona. Poi le chiese di ricordargli, il nome della Guerriera che incontrarono a Salt Lake, per poter almeno iniziare a raccogliere informazioni, se ce ne fossero state.
Le prime parole di quella frase colsero un po' alla sprovvista la guerriera albina, ma la richiesta che ne seguì, infiammò l’animo della ragazza la quale, più che propensa a dare il suo contributo per dare la caccia a colei che credeva le avesse sottratto l’unica persona al mondo alla quale tenesse veramente, dopo averci pensato su un attimo per essere certa di non sbagliarsi, rispose che il suo nome era Caterina! E che glielo disse poco prima di riuscire a sfuggirle quando la inseguiva nei pressi di Salt Lake, quasi volesse sfidarla a prenderla e che, forse, questa era una nuova sfida rivolta a lei, anche se non capiva il motivo di tanto accanimento. La mente di Seayne aveva ricominciato a lavorare e, forse, stava esagerando… La guerriera albina era la prima a rendersene conto ma, chissà, e se fosse stato vero? I suoi pensieri vennero interrotti da una bottiglia che volava verso di lei, e che la Numero 12 fu lesta ad acchiappare al volo: era una bottiglia di liquore, lanciatale da Hughes per… lenire un certo tipo di dolore.
Seayne sapeva cosa intendeva il superiore: viste le condizioni pietose nelle quali era ridotta, lui le offriva l’unica consolazione che poteva, ovvero annegare nell’alcool i suoi dispiaceri. Ma Seayne ricordava di come, quando era bambina, si riducevano alcuni dei minatori, amici e compagni di lavoro di suo padre quando bevevano troppo. E poi lei aveva i suoi metodi per reagire alla sofferenza. Lentamente, appoggiò la bottiglia a terra senza romperla, per poi rivolgere un lieve sorriso al superiore, ringraziandolo ma rifiutando gentilmente la sua offerta. Ma, mentre la Numero 12 parlava, Hughes sembrava nuovamente assorto nei suoi pensieri e, alla fine, si rivolse nuovamente a lei, asserendo che, per il momento, doveva accontentarsi di aver salvato la sposa. Seayne ci pensò su, riflettendo su tutto quello che era successo, era stato detto e fatto e si permise di dire al superiore ancora una cosa, ovvero che si poteva pensare che qualcuno avesse interesse a impedire un accordo tra noi e Rabona. Seayne aveva recuperato pienamente il suo autocontrollo e attendeva soltanto di ricevere altri ordini o di essere congedata, per tornare nel suo territorio di pattuglia.
Hughes, senza attendere oltre avanzò verso Nord dirigendosi a tutti gli effetti verso le Terre Centrali, per controllare l’operato di altre guerriere. Quello che c’era da dire era stato detto e a Seayne non rimase altro da fare, dopo aver educatamente e rispettosamente salutato il superiore, che raccogliere la sua uniforme nuova e incamminarsi verso la sua “casa” nelle Terre Centrali.
Passò accanto a Scramen senza degnare la città di uno sguardo e proseguì oltre. Camminò per giorni, mangiando e riposando lo stretto necessario, ignorando i viandanti che la scansavano e rispondendo con un cenno del capo a coloro che, nonostante tutto, trovavano il coraggio di salutarla. La guerriera albina quasi non si accorse del mutare del paesaggio attorno a lei, persa com’era nei suoi pensieri, nel tentativo di dare una logica, un senso a tutto quanto era successo fino a quando, a un giorno di marcia dal suo rifugio, la Numero 12 si arrese, rinunciando a dare un senso alle azioni di Caterina. Seayne scosse la testa, lasciando che i suoi lunghissimi capelli candidi la ricoprissero come un sudario.
Con la debole speranza che Hughes mantenesse la sua parola, Seayne si rimise in marcia, iniziando a risalire le alture che sovrastavano Salt Lake, per poi nascondersi finché non fece buio sulle sponde del Lago delle Streghe. Quando fu sicura che non ci fosse nessuno, approfittò delle tenebre per lavarsi nelle fredde acque dello specchio d’acqua e poi indossare l’uniforme pulita, proseguendo poi per l’ultima parte della salita al suo rifugio.
Una volta arrivata alla sua piccola spelonca e aver constatato che quel poco che aveva era ancora al suo posto, segno che nessuno era giunto fin là durante la sua assenza, Seayne si tolse arma e armatura, riponendole in ordine in un angolino, per poi mettersi a sedere nella posizione del loto, utilizzando come tappetino per non sporcarsi la mantellina della sua vecchia uniforme, abbandonandosi quindi alla meditazione, cercando la pace e la tranquillità che sempre questa le donava mentre il mondo, con tutti i suoi dolori, emozioni ansie e paure, si faceva poco a poco sempre più lontano e indistinto.

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[In Missione] Scheda di Seayne (Nardo) - Nardo - 07-03-2012, 03:54 PM
RE: [In Missione] Scheda di Seayne (Nardo) - Nardo - 15-01-2018 10:28 PM
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